martedì 30 giugno 2015
​Chiesa gremita di fedeli per i funerali del giovane che fu ordinato prete in anticipo perché malato. L'arcivescovo: "74 giorni di sacerdozio vissuti alla sequela di Gesù". (Sabina Leonetti)
Quel che ci dice la sua morte (Matteo Liut)
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​Forse noi vediamo l’accaduto e non capiamo. Ma la Parola di Dio è chiara: “Grazia e misericordia sono per i suoi eletti e protezione per i suoi santi”. Così l’arcivescovo di Trani- Barletta-Bisceglie, Giovan Battista Pichierri, ha introdotto l’omelia delle esequie di don Salvatore Mellone, ordinato presbitero il 16 aprile scorso e morto prematuramente a soli 38 anni nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. 74 giorni di sacerdozio vissuti alla sequela di Cristo, intimamente unito a Lui con la sua sofferenza e senza mai perdere il sorriso. La sua anima era gradita al Signore - continua Pichierri riprendendo il testo della Sapienza - perciò si affrettò ad uscire dalla malvagità. Don Salvatore ha manifestato e testimoniato nella sua lancinante malattia una fede grande e profonda, radicata nella volontà di Dio. Avvertiva l’anelito di esercitare il ministero sacerdotale tra gli ammalati per portare consolazione e fiducia in quello che Dio soltanto sa fare per il sommo bene dei suoi figli. Per questo, ci esorta l’apostolo Paolo annunziandolo ai cristiani di Corinto, non dobbiamo scoraggiarci,  perché “se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno". E aggiunge: “il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose invisibili, perché sono di un momento, mentre quelle invisibili sono eterne”. E così è stato per don Salvatore, che inchiodato a letto, mentre vedeva giorno dopo giorno il suo corpo trasformarsi e “fare le bizze” come lui stesso diceva, sfiancato dal cancro, il suo spirito era invece alato in Dio, e il suo cuore aperto alla Chiesa, ai fratelli, ai suoi cari, all’umanità intera.

L’ultimo numero del giornale parrocchiale La stadera ha raccolto per lui tante testimonianze, lettere di ringraziamento e preghiere, richieste di benedizione: da Padova durante la Maratona Antonio corre per lui; i giovani della parrocchia SS. Crocifisso hanno scritto un canto a lui dedicato, Dono d’amore sei tu, che ha accompagnato il feretro e il lungo corteo al termine della liturgia esequiale, con oltre 60 sacerdoti, 20 diaconi e i seminaristi del Seminario Regionale di Molfetta. 

Tantissimi i fedeli che hanno invaso il quartiere Patalini di Barletta, accorsi per l’ultimo saluto e che hanno gremito all’inverosimile la Chiesa SS. Crocifisso, nonostante il caldo asfissiante, e il salone parrocchiale: Tiziana, di una parrocchia limitrofa, catechista dice: «Ho sentito il dovere e il richiamo, lui ci ha insegnato tanto». Marisa, 16 anni, è tra i volontari del servizio accoglienza: «Avrei voluto nascere prima – dice - per conoscerlo bene e fare con lui esperienza di camposcuola. I miei amici raccontano che aveva un carisma particolare nel riportare ogni conversazione sul messaggio cristiano. Di solito alla mia età facilmente ci si distrae, siamo presi dai cellulari, dai messaggi, dai social, invece don Salvatore riusciva a richiamare la nostra attenzione e a illuminarci con la Parola di Dio». La sorella Adele chiosa: «Il sepolcro è vuoto. A tutti hai lasciato qualcosa: ai catechisti, agli amici di sempre con cui ha maturato il cammino vocazionale e condiviso il tuo percorso spirituale, ai seminaristi, ai presbiteri, ai familiari, agli ammalati che non potevi abbandonare e per i quali hai avuto fino all’ultimo una parola, una carezza, uno sguardo. Aiutaci ora un questo arduo compito di carità e gratuità ad essere i Buon Samaritano dei tempi moderni».
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