martedì 5 maggio 2015
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Giovanni XXIII e Paolo VI. Due Papi che si ritrovano uniti nell'apertura verso la società contemporanea, per ascoltare le inquietudini, le attese, le potenzialità. «Non si sono forse resi simili per quell'atteggiamento di ascolto, di dialogo, di servizio alla Chiesa e all'uomo, per quell'umiltà che ha impressionato più delle grandi gesta il mondo che chiedeva ragione della loro speranza?». Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha voluto così sottolineare l'eredità dei due Pontefici nella Chiesa contemporanea nel suo intervento martedì sera all'Università Gregoriana di Roma. L'incontro, promosso dalla Facoltà di Teologia dell'ateneo in occasione della presentazione del volume editato da Studium sui Papi del Vaticano II a un anno dalla canonizzazione di san Giovanni XXIII, si è svolto con la collaborazione della Fondazione Giovanni XXIII insieme all'Istituto Paolo VI di Brescia. Per cogliere a fondo la comune azione conciliare e le sorprendenti similitudini tra i due Pontefici, che non solamente affondano nelle comune formazione, il cardinale Parolin ha messo in fila le ragioni di una eredità che intreccia il Concilio fino al pontificato di papa Francesco. Roncalli e Montini attraverso il Concilio e il loro magistero hanno dato ragione alla capacità cristiana di fornire sempre una carica spirituale nuova al mondo contemporaneo. Nel sentiero da loro aperto dell'universalità della Chiesa cattolica e dell'ecumenismo nel segno del dialogo, Parolin ha ripreso il tema della collegialità nel governo della Chiesa facendo osservare come Montini attribuiva a Roncalli l'aver favorito quelle condizioni spirituali e pratiche per la collaborazione del corpo episcopale «non tanto nell'esercizio, quanto nella responsabilità del governo della Chiesa». «In questo modo – afferma il segretario di Stato – ha dato impulso a quell'ecumenismo interiore della cattolicità a cui Giovanni XXIII univa quello esteriore, cioè quello della ricomposizione nell'unità di tante fazioni cristiane separate, promuovendo quella continua ricerca della pace fra i popoli e fra le classi sociali». Cifra, questa, distintiva del pontificato giovanneo che viene ripresa e rielaborata con priorità da Paolo VI. A distanza di più di cinquant'anni il segretario di Stato sottolinea il coraggio, che è stato di entrambi, nel condurre avanti la Chiesa e il popolo di Dio, insieme al «coraggio profetico di Giovanni XXIII» e allo «sforzo quotidiano e umile, ma al tempo stesso fermo e deciso di Paolo VI nel condurre in porto la grande opera conciliare, eredità lasciata alla Chiesa contemporanea che è oggi bussola indispensabile».
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