Opinioni

Lettere. «A farsi contagiare dall'intolleranza...». Ma il cattolico ha un altro sguardo

Le nostre voci di Marina Corradi martedì 23 maggio 2017

Caro Avvenire,

ti ringrazio perché ribadisci con le tue cronache e con commenti come quello dedicato a Youssef-Giuseppe Hosni e alla grande marcia per l’accoglienza tenutasi a Milano la posizione autenticamente cristiana sui temi delle migrazioni forzate, con schiettezza e forse anche a costo dell’impopolarità. Mi spiace molto per certi sedicenti cattolici che con faciloneria si fanno contagiare dall’intolleranza, che è una posizione irrazionale prima ancora che immorale. Perché il disagio sociale esiste e alimenta l’estremismo da sempre. Una volta magari era quello politico. Da qualche parte ora è la camorra ad approfittarne. In altri contesti è l’estremismo islamico. E non vedo altre strade dell’azione sociale mirata per prevenirlo. Se solo Hosni fosse stato aiutato... O magari lo fossero stati il padre e la madre, che erano ai margini anch’essi. Non ci sono altri modi.

Gianni Balduzzi via Facebook

Su Facebook i commenti a quanto Avvenire ha scritto in questi giorni sulla marcia pro migranti di Milano e sulla storia di Youssef-Giuseppe Hosni, il giovane italo-tunisino arrestato alla Centrale e indagato anche per terrorismo, erano per lo più negativi. Sulla linea del “rimandateli a casa”. Non credo che tutti quelli che si affacciano sulla pagina Facebook di Avvenire siano lettori di questo giornale, ma certo nemmeno i cattolici sono del tutto estranei alla intolleranza e la paura che pervadono ampi settori della società italiana. La paura di essere invasi, la paura di un impoverimento, la paura che la casa e il lavoro vadano ai nuovi arrivati. La paura, assolutamente comprensibile, di certe periferie difficili in cui tremi, la sera, pensando che tua figlia sta tornando a casa. Come dice il signor Balduzzi, il disagio sociale alimenta da sempre l’intolleranza. Può accadere anche a noi, fra noi. Ma, il fatto di essere cristiani deve pur fare una differenza nello sguardo su ciò che ci sta accadendo davanti. Se le navi gremite di africani che attraccano a Lampedusa ci fanno temere una invasione, deve pur esserci in noi un altro sguardo: quello che non vede la massa, ma ogni singolo uomo, con la sua faccia, i suoi occhi e la sua storia di fuga e di miseria. Non voglio dire che debbano restare tutti: che il Governo provveda a distinguere chi ne ha diritto. Gli occhi bene aperti però, come cristiani, credo, dovremmo averli su ogni uomo. Dovremmo sapere immaginare il dramma del distacco dalla patria e da casa, il viaggio infernale, la reclusione e i maltrattamenti o peggio in Libia, e poi la gran paura, per sé e per i figli, in mare aperto, alla deriva. Dovremmo sapere immaginare e com-patire, patire insieme. Cosa che non si accorda con una certa rabbia, con certi sussulti di razzismo. Centomila alla marcia pro migranti a Milano. Commento sul nostro sito Facebook: «Gli alberi saranno stati presi d’assalto, immagino». Ci ho messo qualche secondo a capire. Gli alberi, le scimmie stanno sugli alberi, i neri come scimmie. Questo no, non è possibile. Questo sicuramente non era un cristiano. Noi abbiamo l’imperativo interiore di uno sguardo buono su ciascuno. Perfino su Youssef-Giuseppe Hosni, l’accoltellatore delle Centrale ora sospettato di terrorismo. Che è un ragazzo di 21 anni, età a cui ancora i nostri figli li coccoliamo come ragazzini; figlio di madre e padre finiti in carcere per maltrattamenti, stupro, furto; figlio abbandonato di una famiglia sfasciata. Figlio cacciato dalla sua stessa madre, e finito a dormire per strada e nei dormitori pubblici. Ieri, nell’interrogatorio, Youssef-Giuseppe Hosni ha chiesto di poter parlare con la nonna, in Tunisia. Forse la sola che gli vuol bene. Quando viveva con lei, è riuscito a prendere la terza media. Lo vedo strano, un terrorista islamico convinto e pronto al sacrificio, che domanda della nonna. Che fosse un povero Cristo, di cui nessuno si è curato? Se solo Hosni fosse stato aiutato, dice il lettore, e aggiunge: «Non c’è altro modo». No, non c’è, da cristiani, un altro modo.