Opinioni

Botta e risposta. Perché gli oceani possono essere detti «goccia d'acqua»

Daniele Zappalà sabato 7 settembre 2019

Gentile direttore,
ho letto con attenzione su “Avvenire” del 14 agosto 2019, a pagina 3, l’ampia analisi di Daniele Zappalà intitolata «Oceani, il ricco pianeta blu ancora sconosciuto e fragile». C’è però in essa una frase della quale non capisco il senso. Se il pianeta Terra è costituito per quasi il 70% da acqua (in particolare da oceani e mari), che cosa significa: «Anche perché se il pianeta fosse un pompelmo, mari e oceani presi assieme rappresenterebbero appena una goccia d’acqua». Ovviamente, sono io a non capire, per cui gradirei che mi spiegaste quanto asserito nell’articolo. Ringrazio e porgo cordiali saluti.

Franco Ravasi

Per prima cosa, gentile lettore, mi sento di dirle che sono naturali e anche comprensibili la sorpresa e un certo senso di spiazzamento suscitati dalla similitudine della “goccia sul pompelmo”, usata per ricordare ed esprimere i reciproci rapporti fra la massa d’insieme degli oceani e quella della Terra (l’insieme del pianeta, non solo la crosta terrestre). Ma in fondo, lo scopo degli scienziati e divulgatori che la impiegano, prendendo decisamente in contropiede le nostre abituali percezioni di residenti dell’ecumene (la superficie del globo abitata dall’uomo), non è proprio quello di farci riflettere sulla fragilità della biosfera, ovvero la porzione planetaria che ospita la vita? Dal punto di vista delle attività umane, certo, gli oceani rappresentano quanto di più sconfinato si possa immaginare sulla superficie della Terra. Del resto, anche dei capolavori come “Moby Dick”, di Herman Melville, hanno immortalato questo sentimento di piccolezza provato da sempre di fronte alle immani distese oceaniche, che ricoprono il 71% del globo terracqueo. Ma volendo andare un po’ più in là, si può anche dire che il naturale senso di spiazzamento di fronte alla similitudine del “pompelmo e della goccia” è rivelatore della nostra odierna condizione di abitanti del pianeta costretti più che mai a fare i conti con ciò che anche certi filosofi chiamano il “sistema- Terra”. Per autori come Bruno Latour, Dominique Bourg e Franco Farinelli, ad esempio, un punto critico posto oggi dalle nuove sfide globali, a cominciare da quella del cambiamento climatico, è proprio la necessità d’apprendere a conoscere e a considerare la Terra pure al di là delle nostre immediate impressioni. È dunque sempre legittimo, oltre che molto “romantico”, continuare ad evocare la smisuratezza degli oceani. Ma visti nel quadro del “sistema-Terra”, una scala di grandezza a cui oggi sempre più scienziati prestano attenzione, persino gli oceani si rivelano meno sterminati, più fragili e vulnerabili di quanto abitualmente si creda. Ricambio, anche a nome del direttore, il suo cordiale saluto.