Opinioni

La Francia di Macron. Quel male sociale e i valori cristiani alle fonti della cura

Leonardo Becchetti domenica 6 maggio 2018

L’importanza del discorso-appello di Emmanuel Macron al Collége des Bernardins sul contributo di «saggezza», «impegno» e «libertà» dei cattolici alla costruzione politica e sociale nella laica Francia è già stata sottolineata, in diverso modo, su queste colonne da Mauro Magatti e Davide Rondoni. La ragione dell’appello di Macron (e dell’importanza del discorso) è molto semplice. Chi conosce la grammatica dei sistemi economici sa benissimo che essi apportano benefici importanti all’umanità ma, se restano gli unici produttori di norme sociali non bilanciati da altre scale di valori generate esternamente, producono delle tossine che rischiano di distruggere l’organismo sociale. Partiamo dai benefici dell’economia di mercato che non vanno mai dimenticati.

Questo sistema è riuscito nell’opera straordinaria di produrre risorse per circa 6 miliardi di persone in più dall’avvio della rivoluzione industriale sino a oggi. E possiede meccanismi decentralizzati ed efficienti per migliorare il benessere dei contraenti attraverso lo scambio di beni e servizi. Tuttavia non gli si può chiedere tutto e, se lo si lascia imperare come unica fonte di norme sociali, diventa pericoloso. Il mercato è infatti una specie di 'notaio amorale' che consente gli scambi tra tutti i contraenti possibili rimanendo silente sulla distribuzione ex ante delle risorse.

Con il sistema dei prezzi dà valore maggiore a ciò che è più scarso e ha più domanda indipendentemente dal suo valore morale o sociale intrinseco (da questo punto di vista un intrattenitore 'esperto in liti televisive' può valere anche cento volte di più di un insegnante di scuola). Il mercato, viziando gli esseri umani visti come consumatori che massimizzano la loro utilità, tende naturalmente a vendere di più beni che producono soddisfazione a brevissimo termine e, possibilmente, dipendenza che assicura profitti elevati e insensibilità a prezzi alti, e non beni più ardui che sviluppano competenze (troviamo più pubblicità dell’azzardo che delle lezioni d’inglese).

Jeffrey Sachs ha scritto parole importanti su questo tema riprendendo l’antica questione dei 'beni di comfort' e dei 'beni di stimolo' e lanciando l’allarme sull’epidemia di obesità negli Stati Uniti che colpisce ormai circa un terzo della popolazione. Infine, le forze inerziali del mercato lasciate a se stesse e combinate con le nuove regole della comunicazione e finanza in tempo reale possono mettere in piedi meccanismi micidiali che uccidono il futuro. Facendoci diventare tutti shortermisti ossessionati, appunto, dal risultato a breve e incapaci di quella fatica e pazienza che serve per investire oggi in modo da avere un risultato migliore domani.

Così è per i politici quando decidono sulla base dell’effetto delle loro scelte sul sondaggio del momento, per i manager quando rubano futuro alle imprese usando gli utili per eccitare il prezzo delle azioni e intascare il bonus invece di finanziare gli investimenti. Il rischio è quello di sposare in toto, e in ogni settore di attività, la cultura dell’azzardo e della speculazione che altro non è che il desiderio di raccogliere oggi i raccolti di questo e degli anni a venire. Infine, il sistema economico produce efficienza, ma non genera di per sé valori come solidarietà, fiducia, cooperazione di cui ha drammaticamente bisogno per sopravvivere e per realizzare le proprie potenzialità.

È infatti arcinoto in letteratura economica che la stragrande maggioranza delle relazioni sociali ed economiche sono dei classici 'dilemmi sociali' (dilemma del prigioniero, gioco della fiducia) dove atteggiamenti opportunistici distruggono il valore che può nascere da un approccio cooperativo. In estrema sintesi i sistemi economici hanno bisogno di molti anticorpi (capitale sociale) per poter sopravvivere e svilupparsi, ma non producono di per sé questi anticorpi e anzi generano spontaneamente molte tossine (disinteresse per equità e distribuzione, distruzione di futuro, dipendenze, scarso capitale sociale) che rischiano di distruggere l’organismo. È ormai tramontata l’illusione che basti l’ingegneria sociale di regole ottimali per affrontare questi problemi indipendentemente dai valori degli attori economici.

Ci vogliono invece valori saldi e persone in grado d’incarnarli. Ma le tradizionali scuole di formazione di questi valori (famiglie, parrocchie, vecchie scuole di partito) intercettano sempre meno i cittadini di oggi che restano soli, abbandonati e vulnerabili dentro la giungla della rete. C’è tutto questo dietro l’allarme lanciato da Macron con il suo discorso al Collége des Bernardins. E la consapevolezza che le fedi religiose consentono di sviluppare quegli anticorpi insistendo sull’importanza di solidarietà, cooperazione e fiducia, delle virtù e dell’investimento paziente nelle proprie competenze e talenti, del contrasto alle dipendenze, dell’investimento in valori per essere capaci di futuro. Saremo ancora capaci senza simili fonti di valori di imbarcarci in complicate e affascinanti avventure come quelle di creare una famiglia, un’impresa, un’organizzazione a movente ideale che realizzano pienamente la nostra generatività e capacità di futuro?

Da credenti (e non da atei devoti) siamo consapevoli che la nostra esperienza di fede è qualcosa di molto più ricco e non può essere certo strumentalizzabile per secondi fini, seppur socialmente nobili. Ma ci accorgiamo sempre di più, e l’allarme di Macron ce lo conferma, che la società in cui viviamo rischia di morire se non è alimentata da queste fonti inesauribili di valori.