Opinioni

Governo, sottogoverno, dimissioni. Non si può cedere alla logica dell'intrico

Sergio Soave giovedì 15 luglio 2010

*** AGGIORNAMENTO DEL 30 SETTEMBRE 2020 L'ex sottosegretario Nicola Cosentino assolto in appello nel processo "Il Principe e la scheda ballerina" per uso di capitali illeciti nella costruzione di un centro commerciale a Casal di Principe. LEGGI QUI

Si susseguono scandali, reali o gonfiati per interessi politici, che coinvolgono quello che una volta si chiamava il «sottogoverno»: cioè attività, manovre, incontri e (in qualche caso) atti collusivi con poteri economici o persino criminali, esercitati da personaggi che hanno funzioni non proprio centrali nell’esecutivo, ma che hanno uno status di rilievo e finiscono col coinvolgere il governo nelle loro responsabilità. Naturalmente, le eventuali responsabilità penali – che debbono essere accertate e che per ora non lo sono affatto – sono comunque personali, e chiunque deve essere considerato innocente fino a sentenza definitiva. Sul piano politico va però notato che certi tentativi di influenzare organi istituzionali o giudiziari potrebbero forse rivelarsi alla fine un non-crimine, ma sicuramente rappresentano una serie di errori piuttosto marchiani e sono, comunque, sintomo di supponenza e d’incapacità di valutare la situazione e la reattività (anche elettorale) dell’opinione pubblica. Le dimissioni di ieri sera del sottosegretario Nicola Cosentino in qualche modo lo certificano. E dicono anche dell’altro.Il «sottogoverno» è sempre esistito – ed esiste, purtroppo – sotto tutti i cieli. È un problema che si fa grave e insopportabile se diventa tanto folto e intricato da rendere difficile, ostacolandola, l’effettiva attività di governo. Come accennato, non è solo un problema italiano: il fatto che i giornali francesi nel momento in cui il ministro del Lavoro di Parigi propone una storica riforma delle pensioni si occupano, invece, del suo ruolo di amministratore del partito di maggioranza fa capire come i problemi creati dal «sottogoverno» finiscano con l’oscurare scelte di governo anche obiettivamente assai impegnative, nel bene o nel male.È importante che sia chi governa sia chi si oppone sappia mantenere il senso delle proporzioni: chi governa dimostrando che la determinazione nelle scelte politiche di fondo non è influenzata da manovrette sotterranee, che vanno anche prontamente stroncate; chi si oppone distinguendo tra le schermaglie costruite su vicende specifiche e personali, ovviamente lecite ma non decisive, e il confronto necessario sulle scelte che determinano il futuro del Paese. Il continuamente ribadito appello del Quirinale a riconoscere coralmente le esigenze di risanamento della finanza pubblica, pur nella dialettica dei rimedi e delle soluzioni prospettate, suona anche un richiamo a mettere al primo posto quel che conta davvero.In ogni caso, però, non si può dimenticare che chi ha le massime responsabilità ha anche il massimo dovere di chiarezza. Difendere i collaboratori che si sono scelti, non accettare senza contrastarle tutte le accuse mediatiche, è ragionevole, ma anche per il governo, e per chi lo guida, vale la regola della priorità politica. Se, indipendentemente dalle responsabilità individuali, il «sottogoverno» rende più traballante il percorso del governo, se il sottobosco troppo rigoglioso impedisce al bosco di vivere, bisogna potare quel che va potato, per complicato o doloroso che sia (o appaia).Per chiedere, com’è giusto, agli altri di usare corrette priorità, bisogna agire nello stesso senso. Il passo indietro dell’ex sottosegretario Cosentino è un segnale che può essere letto in questa chiave. Non si tratta, ovviamente, per il presidente Berlusconi di cedere a "campagne" considerate infondate e strumentali, ma di prendere atto che ci sono anche rimostranze, preoccupazioni e allarmi diffusi, comprensibili e giustificati. Non si può cedere alla logica dell’intrico.