Opinioni

Convegno ecclesiale. La Chiesa verso Firenze 2015: il contenuto e il modo

Adriano Fabris lunedì 24 novembre 2014
Viviamo oggi tempi difficili. La crisi, come da tempo dice Papa Francesco, non è però solo economica ma anzitutto culturale. Non sappiamo bene chi siamo. E, se non sappiamo chi siamo, è difficile anche trovare un’uscita, una speranza, un senso per affrontare i problemi della vita. Ma, appunto, chi siamo noi? Tante sono le risposte che ci vengono presentate. Spesso, però, lasciano l’amaro in bocca. Per essere chi siamo dovremmo rinunciare a una parte di noi stessi: uniformarci agli animali o alle macchine. Mentre invece vogliamo realizzare pienamente le nostre possibilità. Per il cristiano una risposta alla domanda su chi siamo noi non è data però da una definizione astratta di “umanità” quanto piuttosto dal riferimento a una persona concreta, a ciò che questa persona ha compiuto, a ciò che chiede a noi di fare. Per il cristiano solo nel rapporto con Gesù Cristo può attuarsi la sua umanità. Per il cristiano quello che uno è lo si deve vedere proprio in ciò che fa.«In Gesù Cristo il nuovo umanesimo» è il titolo del Convegno nazionale che la Chiesa italiana celebrerà a Firenze nel novembre 2015, a quasi dieci anni da quello svoltosi a Verona. Il Convegno, come i precedenti quattro che dopo il Concilio Vaticano II hanno riunito con cadenza decennale i cattolici italiani, vuol essere un’occasione per ripensare il significato dell’essere cristiani in un mondo in costante cambiamento. Per usare le parole che proprio a Verona aveva pronunciato Papa Benedetto XVI, si tratta di «una nuova tappa del cammino [...] che la Chiesa italiana ha intrapreso: [...] un cammino volto all’evangelizzazione, per mantenere viva e salda la fede nel popolo italiano; una tenace testimonianza, dunque, di amore per l’Italia e di sollecitudine per i suoi figli».Ma in che modo tutto ciò può effettivamente realizzarsi? Come, anzi, si sta realizzando proprio in questi mesi? La metodologia finora seguita ha reso possibile un’assai ampia partecipazione della Chiesa italiana. Il primo passo è stato quello di far circolare nelle diocesi un testo di “Invito”, nel quale si annunciava il Convegno e si chiedeva una partecipazione che desse davvero voce alle esperienze di umanità quotidianamente vissute in sede locale. Ciò è stato compiuto mettendo in comune esperienze, intuizioni, storie. Come veniva detto, «luci che possono rischiarare la strada e rendere vivo il presente grazie alla memoria e alla speranza, nell’attesa di un futuro a cui già da ora tendiamo». A questo “Invito” moltissimi hanno risposto. Le loro esperienze potranno essere conosciute e condivise grazie al sito del Convegno.Il riferimento a esse ha poi guidato l’elaborazione di un ulteriore testo, quella Traccia che sarà ufficialmente presentata fra pochi giorni e che già da oggi è disponibile online (anche su www.avvenire.it). La Traccia ha il compito di orientare i lavori comuni e di mettere a fuoco i vari modi in cui il cristiano è in grado di vivere un umanesimo sempre nuovo: un umanesimo in ascolto, concreto, plurale, relazionale. È quell’umanesimo sul quale Papa Francesco, che interverrà a Firenze, non cessa di richiamare l’attenzione.Due cose vanno sottolineate. Anzitutto il fatto che, come ha già mostrato il modo in cui si è venuto finora strutturando, il Convegno di Firenze vuole offrire l’occasione di un approfondimento comune di ciò che significa essere cattolici oggi, come possibilità di realizzazione piena dell’essere umano. Lo consentiranno i modi in cui i partecipanti interagiranno fra loro nel corso del Convegno. Lo permetterà l’uso massiccio del sito Internet e dei social network. Ma se la forma è importante, il contenuto del Convegno è essenziale. Si parla di “nuovo umanesimo”: per la verità l’umanesimo cristiano è ben radicato nella tradizione, ma “nuovo” è il modo in cui è necessario rilanciare il suo messaggio in dialogo con ogni uomo e ogni donna di buona volontà, fronteggiando i rischi di idolatria e disumanizzazione che la «cultura dominante» accelera e ingigantisce. Oggi: in un tempo in cui – appunto – non sappiamo bene chi siamo. E in cui tanto più deve essere adeguato il modo con il quale del cristianesimo viene resa testimonianza: forme concrete, incisive, tali da acquisire credibilità nel quotidiano. Questa, insomma, è la sfida è decisiva, questa la “novità” da assumere e rilanciare.