Opinioni

Che cosa ci direbbe oggi Churchill? Sacrifici e rinunce, non questa guerra

Marco Tarquinio martedì 8 marzo 2022

Suggestivo e provocatorio rilancio di Lorenzo Dellai: sir Winston sarebbe per una resistenza nonviolenta all’aggressione di Putin. Non so se Churchill direbbe davvero qualcosa di gandhiano, ma so che questa è la strada. Che ci vuole leadership politica. E che serve comunque l’impegno civile di tanti

Caro direttore
mi chiedo in questi drammatici giorni cosa avrebbe detto Winston Churchill dopo l’invasione dell’Ucraina. Forse avrebbe parlato alla sua Nazione e a quelle alleate proponendo ai cittadini una via stretta e difficile ma nobile. Non quella che indicò con lo storico discorso al Parlamento inglese nel giugno del 1940, quando la sua determinazione fu decisiva per salvare l’Europa da Hitler. Avrebbe invece forse detto – con semplicità e coraggio – che bisogna accettare qualche punto di Pil in meno e un po’ di freddo in più nelle case pur di far valere i princìpi della libertà e della democrazia. E avrebbe forse evocato la necessità che i più ricchi concorrano alla prevedibile emergenza economico-sociale di tale scelta, secondo regole di solidarietà con i meno ricchi: in fondo, abbiamo pagato tasse per tante cose, possiamo anche immaginare una sorta di tassa per la libertà e la democrazia. Sappiamo che l’Occidente non può oggi entrare in guerra diretta con la Russia: sarebbe una catastrofe globale, come più volte ha detto papa Francesco. La guerra così come l’abbiamo conosciuta nel passato non è più una opzione possibile per noi (per Putin sì). Verissimo. Allora però – per non “voltarci dall’altra parte” di fronte ad una aggressione brutale, cinica, criminale, ingiustificata e non limitata alla sola Ucraina – dobbiamo avere il coraggio di altre misure di reazione che siano efficaci e risolutive per fermare l’autocrate imperialista del Cremlino e i suoi emuli e vassalli. La nonviolenza (come Gandhi ha insegnato e su “Avvenire” è stato ricordato) non è accettazione del sopruso. La nonviolenza è reazione ancor più radicale e coraggiosa di una entrata in guerra vecchia maniera. Essa però esige la disponibilità a pagare – nell’immediato – un prezzo molto alto: il prezzo della dignità e della libertà. Non illudiamoci, peraltro: comunque vadano le cose (anche se – sacrificando i nostri amici ucraini e la loro eroica resistenza all’invasore – qualcuno pensasse di farla finire a “tarallucci e vodka”) nulla sarà come prima. La postura della Russia putiniana non cambierà (anzi sarà ancora più illiberale e repressiva all’interno). La Cina sarà ancora più determinante sul piano globale. Le “democrature” emergenti nel Mondo guarderanno a Mosca e a Pechino molto più di quanto lo facciano ora. E l’Occidente democratico vivrà un’ulteriore stagione di declino su ogni piano. Nessuno può illudersi che – in tale prospettiva – l’Europa e l’Occidente possano aver garantiti tassi di crescita, di ricchezza, di libertà e di sicurezza paragonabili al passato. E la pavidità non può pagare né sul piano della credibilità etica e democratica, né su quello più concreto degli interessi economici. Sono disponibili i governi e i cittadini dell’Occidente democratico a rinunciare, nel breve periodo, a una fetta importante di gas e di petrolio della Russia pur di garantire a se stessi e al mondo un futuro di libertà e di sicurezza? La democrazia ha ancora un sufficiente “carisma” presso il popolo? Questo mi pare il drammatico interrogativo che si pone sull’unica strada di una risposta nonviolenta e neppure arrendevole alla guerra di Putin. La soluzione politica e diplomatica – strada maestra per chi crede e vuole veramente la pace – ha bisogno, ancor più oggi, della forza morale di una democrazia che non si rassegna. Mutatis mutandis, abbiamo urgente bisogno di nuovi Churchill.

Lorenzo Dellai già parlamentare della Repubblica


Ho appena scritto, domenica scorsa, che avremmo bisogno di un nuovo Mahatma Gandhi («A mani nude e senz’odio») ed ecco che lei, gentile e caro amico, rilancia – in ascolto di papa Francesco e con argomentazioni quasi sovrapponibili alle mie e alle nostre – e invoca nuovi Churchill. Mi piace l’idea che un uomo di politica e di guerra come Winston Churchill – certamente grande, ma che non capì affatto la grandezza nonviolenta di Gandhi e anzi dapprima l’irrise: «Che muoia pure di fame... » – oggi saprebbe capire l’«ora che batte» e chiamarci a una mobilitazione non-bellica fatta di sacrifici e di un’idea dell’Occidente alta e concreta accanto al popolo dell’Ucraina (che è fatto di ucraini e di russi e di figli meticci di entrambe le etnie e di altre ancora). Non so se Churchill direbbe davvero quel che lei ipotizza, ma continuo a sperare che ci sia almeno un politico, meglio più d’uno, che dimostri la sua statura e sappia farlo. E soprattutto spero fortemente che ci sia tanta gente, come lei e come me, che comincia ad agire. Magari, come ho suggerito io stesso in dialogo con diversi lettori, autoriducendo i nostri consumi di gas (russo, per circa la metà) per non contribuire così tanto come adesso a “fare il pieno” ai carri amati di Vladimir Putin. Un partito politico, quello degli ambientalisti di Europa Verde, ha proposto di abbassare di 2-3 gradi il riscaldamento domestico. Lascerebbe il segno nella lotta contro il surriscaldamento della Terra e taglierebbe, se l’adesione fosse massiccia, fino a un quinto delle attuali forniture di Gazprom. Ma sono d’accordo con lei, caro Dellai, sull’idea di fondo della sua riflessione. Serve urgentemente una leadership politica e civile con le idee chiare sulla portata complessiva della sfida e sulla necessità di affrontarla rinunciando a vecchi schemi e a tragiche presunzioni.