Economia

Banche venete. Dalla crisi alla liquidazione, cosa c'è da sapere

Cinzia Arena lunedì 26 giugno 2017

Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono avviate verso la liquidazione: il Consiglio dei ministri si è riunito domenica 25 giugno per dare il via libera all'operazione dopo che la Bce ha dichiarato le due banche vicine al fallimento. Ma come è potuto accadere che i due istituti di credito considerati un fiore all'occhiello tra le popolari si siano ridotte in questo stato? Ecco le ragioni della crisi e lo scenario che si prospetta.

Cosa c'è all'origine della crisi dei due istituti?

In generale a monte c'è la grande crisi finanziaria mondiale iniziata nel 2008 che ha messo in difficoltà tutte le banche. E' andato in crisi il tessuto economico del Nord-Est che era largamente affidato alle banche. Il sistema è andato in cortocircuito.

Il passaggio obbligato da popolari a società per azioni quotate in Borsa

Con il passaggio dei compiti di vigilanza da Bankitalia alla Banca centrale e soprattutto con l'obbligo di trasformazione delle popolari in spa (scattato nel gennaio del 2016) il sistema veneto è imploso. Prima erano le banche stesse a stabilire il valore delle quote in maniera del tutto discrezionale. Ma i soci (120mila quelli della Popolare di Vicenza e 80 mila quelli di Veneto Banca) non avevano gli strumenti per capire: si tratta prevalentemente di piccoli imprenditori.

Azioni in cambio di prestiti, un vizio molto diffuso

Agli imprenditori veniva di fatto chiesto di acquistare azioni in cambio dei prestiti. Un malcostume generalizzato e non usato solo dalle due banche venete. Un sistema comunque border-line che alla fine è esploso perché gli imprenditori non era più in grado di rientrare da tanti affidamenti.

Il salvataggio da parte del Fondo Atlante con 3,5 miliardi

Nella primavera dello scorso anno le due banche erano vicine al fallimento. Il fondo Atlante, promosso dal governo ma finanziato dal sistema bancario e dalle fondazioni, ha messo 3,5 miliardi di euro per la ricapitalizzazione. Doveva essere la soluzione definitiva del problema con l’azzeramento di oltre 200 mila azionisti e oltre 10 miliardi di ricchezza bruciata. Ma la cattiva gestione tra Vicenza e Montebelluna ha continuato a fare danni e ha cancellato anche i soldi di Atlante.

La richiesta del Tesoro di ricapitalizzare

Per evitare la procedura di liquidazione sarebbe stata necessaria una nuova ricapitalizzazione precauzionale con un'iniezione di altri 1,2 miliardi di capitali privati, ma l'assenza di investitori disponibili ha fatto sì che la situazione precipitasse nelle ultime settimane.

La Bce dichiara le due banche vicine al fallimento

La Banca centrale europea ha dichiarato il 23 giugno le due banche in dissesto o a rischio dissesto per carenza di capitale e "ripetuta violazione dei requisiti patrimoniali di vigilanza" dando di fatto il via libera alla liquidazione. Il governo italiano ha scelto di evitare la risoluzione con il conseguente bail-in e ha optato per la soluzione alternativa vale a dire la liquidazione ordinaria che è gestita direttamente dalla Banca d'Italia.

Cosa prevede la liquidazione coatta amministrativa?

Prevede di fatto la cessione delle due banche venete a Intesa Sanpaolo (che ha offerto un euro) previa la creazione dei crediti deteriorati o in via di deterioramento ad una bad bank. Le stime parlano di circa 20 miliardi di crediti. La normativa europea prevede inoltre la possibilità di aiuti alla liquidazione da parte dello Stato. Il Tesoro è intervenuto stanziando per la ricapitalizzazione 5,1 miliardi e prevedendo coperture sino ad altri 12 miliardi per i debiti deteriorati.

Cosa succede a correntisti e azionisti?

Nessun impatto per i correntisti e per chi ha un prestito: il debito sarà ceduto alla banca acquirente. Le perdite verranno colmate azzerando gli azionisti e coinvolgendo i possessori di bond subordinati (ma non di quelli senior). Per i piccoli investitori titolari dei titoli junior previsto un rimborso al 100% sul modello di quanto avvenuto per Mps per vendita fraudolenta.

Rischio esuberi per 4mila bancari

L'operazione di acquisizione delle due banche da parte di Intesa Sanpaolo produrrà circa 4 mila esuberi di cui in realtà solo 1200 proverrebbero dalle due banche acquisite mentre gli altri sarebbero di Intesa che non intende considerare l'ipotesi licenziamenti. Si renderebbe pertanto necessario un rafforzamento del fondo esuberi con un intervento pubblico stimato intorno a 1,2 miliardi.