Donne Per La Pace

La giudice Ganna Yudkivska . «Senza giustizia non si fa la pace. Anche in Ucraina»

Giacomo Gambassi, inviato a Kiev lunedì 15 aprile 2024

Un ritratto della giudice ucraina Ganna Yudkivska

Ci sono i nonni che negli anni dell’Urss avevano sostenuto il movimento dei dissidenti. C’è la sua biblioteca di famiglia dove i libri di Cicerone erano accanto a quelli di Tolstoj. C’è il «risveglio di una giovane dalla grande illusione sovietica» mentre il muro di Berlino cadeva e l’Unione Sovietica si sgretolava. C’è la libertà ritrovata nel suo Paese, l’Ucraina, che si proclamava indipendente nel 1991 mentre lei diventava maggiorenne. E c’è quella «concezione forse un po’ romanzata della legge come strumento per tutelare la gente e cambiare la società» racconta.

C’è tutto questo nelle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo o nei rapporti delle Nazioni Unite che Ganna Yudkivska ha contribuito a scrivere. Donna che fin da giovanissima aveva un sogno: spendersi per la difesa dei più fragili. Con codici e trattati internazionali fra le mani. Una paladina del diritto. Quello piegato all’ideologia della Russia sovietica in cui è cresciuta. Quello oggi violato nella Russia di Putin che da due anni ha dichiarato guerra alla nazione di cui è figlia.

Nei consessi internazionali qualcuno ha definito Ganna Yudkivska ambasciatrice di pace. «Mi sento più una donna di giustizia. Perché dalla giustizia dipende l’armonia della famiglia umana. È costruendo società più giuste ed eque che si diffonde la pace» spiega.

Cinquanta anni, originaria di Kiev, docente nelle università di Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Israele, è stata dal 2010 al 2022 giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo; e adesso è vicepresidente del Gruppo di lavoro Onu sulla detenzione arbitraria.

Un osservatorio dove molti dei casi esaminati riguardano le donne. «E lo stupro e la violenza sono tragicamente utilizzati come armi di guerra», tiene a far sapere.

Giudice, ucraina, Ganna Yudkivska
racconta la sua ascesa
alla Corte europea dei diritti dell’uomo
e all’Onu: «Per il mio Paese
sogno libertà. Le donne?
Calpestate ovunque, da Kiev a Gaza»



Perché una donna sceglie di dedicare la vita ai diritti umani da proteggere con la “leva” legale?

Sono nata sotto l’Unione Sovietica. La mia famiglia ha avuto legami con le correnti clandestine della resistenza. Ho trascorso l’infanzia e l’adolescenza in Ucraina. Ero una “ragazza dei libri”: leggevo giorno e notte tutto ciò che i miei avi avevano raccolto. I libri sono stati un’autentica occasione di fuga. E sono rimasta profondamente colpita da due avvocatesse, Dina Kaminska e Sofia Kalistratova, che avevano difeso coraggiosamente gli oppositori sovietici. Quando l’Urss è crollata, si è rivelato l’inganno del regime: si è come spalancato un abisso tra i propositi che ci erano stati insegnati e la realtà che vivevamo. Poi sono arrivati i tempi tumultuosi dell’indipendenza con l’aspirazione a lasciarsi alle spalle il passato totalitario e gettare le basi per un avvenire nel segno della libertà e della giustizia. Il privilegio di incontrare diversi ex dissidenti ha acceso in me il desiderio di contribuire alla difesa della persona.

C’è uno sguardo “femminile” sul diritto?

Le leggi non sono solo regole; sono riflessi dei valori della società. Le donne sanno farsi interprete del sentire comunitario. Le nostre esperienze, spesso marcate dalle disparità, ci forniscono una lente unica. Abbracciare le diversità in campo legale non è solo questione di equità: permette di rafforzare l’efficacia del sistema giuridico.

Dall’Ucraina lei è approdata in Europa: un po’ ciò a cui ambisce il suo Paese. L’Europa ha bisogno di più donne?

Mi piace pensare all’Europa come a una grande orchestra dove attualmente dominano gli ottoni e dove si avverte una carenza di archi. Non che la musica sia stonata; ma manca qualcosa. Le donne sono la sezione dei violini: aggiungono profondità, esaltano le sfumature, regalano un suono più ricco e pieno all’ensemble.

Quale specifico di donna ucraina ha portato nella Corte europea dei diritti dell’uomo?

È essenziale creare ponti fra le diverse esperienze del continente. In quest’ottica, mentre discutevamo i vari procedimenti, ho fatto riferimento ad esempio alla “Sonata a Kreutzer” di Tolstoj per sottolineare le disuguaglianze fra uomo e donna. Oppure ho citato la letteratura scientifica per evidenziare le basi naturali dei legami familiari e del benessere dei bambini. Inoltre il “bagaglio” ucraino mi ha permesso di far entrare in aula una chiara comprensione della resilienza e delle questioni legate ai diritti umani.

«Dalla giustizia, dal rispetto delle leggi
e dei diritti, dipende l’armonia
della famiglia umana. È costruendo
società più giuste ed eque
che si diffonde la pace.
Le donne, la cui esperienza di vita
è segnata dalla disparità, sono fondamentali per farlo»

Adesso, in seno all’Onu, indaga su arresti e detenzioni che si configurano come abusi.

Credo che il punto di vista femminile abbia un valore inestimabile. Dal nostro gruppo di lavoro è uscita una deliberazione-guida sui casi di detenzione arbitraria che colpiscono in modo sproporzionato le donne, comprese le donne migranti. Abbiamo trattato le detenzioni femminili dovute all’esercizio dei diritti riproduttivi oppure quelle per i “delitti d’onore” o ancora i profondi effetti della separazione dei bambini dalle madri in cella.

Avete denunciato gli arresti arbitrari delle donne da parte dei taleban per il mancato rispetto delle regole d’abbigliamento e la deportazione delle donne haitiane incinta o dopo il parto nella Repubblica Dominicana.

Le donne sono particolarmente vulnerabili nelle situazioni di crisi. È preoccupante il trattamento delle donne sotto il regime dei taleban o dei mullah in Iran, compresi i test obbligatori di verginità.

Poi c’è l’appello Onu per un cessate il fuoco nei territori palestinesi e in Israele «per proteggere il futuro delle donne e delle ragazze»...

L’appello ha un non so che di ipocrita. Perché è essenziale riconoscere che il trattamento delle donne nella striscia di Gaza governata da Hamas è discriminatorio e oppressivo. Un cessate il fuoco permanente che lasciasse Gaza nelle mani di Hamas proteggerà le donne? Ovviamente no. La situazione delle donne sotto Hamas non ha attirato alcuna attenzione degli organismi delle Nazioni Unite. E la reazione tardiva di “Un Women” agli atti di stupro e tortura commessi contro le donne israeliane il 7 ottobre lo testimonia. Una negligenza che rischia di minare la lotta globale contro la violenza di genere.

Donne e guerra. Che cosa ci dice l’invasione dell’Ucraina?

La storia mostra come le donne siano esposte a gravi pericoli durante i conflitti armati. Il deficit di indagini sui crimini che subiscono, come il caso storico delle accuse di stupri di massa delle donne tedesche da parte dei soldati sovietici durante la seconda guerra mondiale, indica il continuo bisogno di giustizia e protezione del genio femminile. In Ucraina le donne si trovano coinvolte in sempre più casi di violenze. E al tempo stesso si fanno carico di ciò che accade sia come referenti per le famiglie e per le comunità rimaste senza uomini, sia come militari, medici, attiviste di pace. Inoltre ricade su di loro il dramma degli sfollati di guerra. Eppure si fa pressante una narrazione che vuole che le donne ucraine all’estero siano tenute a tornare in patria per sostenere i mariti e la società. Credo, invece, che il loro rientro debba rimanere una scelta personale, libera da coercizioni e pressioni.

Come vengono violati i diritti umani nella guerra in Ucraina?

Con attentati indiscriminati, esecuzioni sommarie, sevizie. Le violazioni includono la mancata distinzione tra obiettivi civili e militari. Durante le detenzioni illegali si sono registrati episodi di torture e maltrattamenti, compresa la violenza sessuale e di genere.
Poi ci sono i bambini deportati in Russia... È una tragedia che non ha ancora numeri definiti: si stimano da 19.500 a 550mila piccoli coinvolti. Come donna e giudice, sono profondamente toccata dalle loro sofferenze. Separati dai parenti e immersi in una nuova cultura, si trovano a essere privati della loro identità. Tutto ciò avrà conseguenze di lungo periodo sul piano emotivo e psicologico: il trasferimento forzato dei bimbi si configura come un atto di genocidio per il danno grave e duraturo che provoca.

Poi ci sono i bambini deportati in Russia.

È una tragedia che non ha ancora numeri definiti: si stimano da 19.500 a 550mila piccoli coinvolti. Come donna e giudice, sono profondamente toccata dalle loro sofferenze. Separati dai parenti e immersi in una nuova cultura, si trovano a essere privati della loro identità. Tutto ciò avrà conseguenze di lungo periodo sul piano emotivo e psicologico che configurano il trasferimento forzato dei bambini come un atto di genocidio per il danno grave e duraturo che provoca.

Lei ha guidato un progetto sugli studi sul genocidio. Oggi se ne parla molto…

Noto una certa inflazione del vocabolo “genocidio” senza aderire a rigorosi criteri giuridici. Da legale dico che è importante non lasciarsi influenzare dalle emozioni anche di fronte ad atrocità che suscitano indignazione collettiva. Il “genocidio” è stato codificato dalle Nazioni Unite in una Convenzione del 1948 e viene definito come l’insieme di “atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale”. Il punto cruciale risiede nell’”intento di distruggere” che fissa una soglia molto elevata per la prova nel diritto internazionale. Come ucraina sono devastata da ciò che viene commesso contro il mio popolo. Tuttavia, come avvocato, sono vincolata ai principi del diritto. L’intenzione di distruggere la nazione ucraina deve essere dimostrata. Ciò non vuole sminuire la gravità della situazione. Gli stessi standard legali si applicano universalmente, sia che si parli di Ucraina, di Gaza o di qualsiasi altra regione. Le accuse di genocidio, come quelle mosse contro Israele nel contesto di Gaza, richiedono prove incontrovertibili.

Ogni conflitto è di per sé “maschile”. E le donne?

C’è un adagio che dice: «Che cosa accadrebbe se tutti i Paesi fossero governati dalle donne? Forse non ci sarebbero più guerre, ma alcune nazioni non avrebbero relazioni…». Ironia a parte, le donne affrontano il conflitto in modo diverso. Mentre gli uomini sono sempre stati al timone degli Stati entrati in guerra, le donne hanno avuto un ruolo determinante nel promuovere il dialogo. Perciò oggi è urgente che siano coinvolte per le capacità intrinseche di empatia e incontro.

Come immagina la pace in Ucraina?

«La pace è libertà nella tranquillità» sosteneva Cicerone. Vorrei un’Ucraina dove ogni persona abbia fiducia nel domani e ciascuno possa liberare il proprio potenziale senza paure, nonostante le nostre differenze.