Attualità

Dopo Barcellona. In Italia si rafforza la protezione dei luoghi «a rischio»

Vincenzo R. Spagnolo venerdì 18 agosto 2017

In Italia, "l'attenzione rimane altissima", ma "il livello della minaccia non cambia". Dopo l'attentato a Barcellona, il ministro dell'Interno Marco Minniti ha chiesto a prefetti e questori e all'intero apparato delle forze dell'ordine di tenere elevato il livello di vigilanza in Italia, rafforzando sul territorio le misure di sicurezza a protezione degli obiettivi ritenuti più a rischio, nonché verso i luoghi che registrano particolare affluenza e aggregazione di persone.

A tale proposito - fa sapere il Viminale - verrà emanata una circolare ai prefetti affinché attraverso i comitati provinciali per l'ordine e sicurezza pubblica che saranno convocati con la partecipazione dei sindaci e in sinergia con le polizie locali si svolga un attentomonitoraggio relativamente agli eventi e alle iniziative già programmate sul territorio.

Le decisioni sono state prese durante la riunione del Comitato di analisi strategica antiterrorismo (Casa), convocato in via straordinaria dal ministro questa mattina alle 11 al Viminale e al quale hanno partecipato i vertici nazionali delle forze di Polizia, dei servizi di intelligence e i rappresentanti della sicurezza della Spagna a Roma.

Raddoppiati controlli ed espulsioni di elementi radicali

Sul piano tecnico, non c’è stato dunque un innalzamento dello stato d’allerta (attualmente a «livello 2», ossia quello immediatamente precedente a un attacco in corso). Tre giorni fa il ministro Minniti aveva confermato come il rischio rimanga «alto», anche se non si registra «nessuna minaccia imminente». L’attività di prevenzione è sempre più intensa: il bilancio dei primi sette mesi del 2017 riferisce di 67 espulsioni per ragioni di sicurezza, a fronte delle 37 registrate nello stesso periodo del 2016 (più 81%), per un totale di 199 espulsioni dal 2015 (fra cui tre imam). Gli indicatori sono tutti in crescita: nello stesso periodo, sale il numero degli estremisti arrestati (29 rispetto a 25) e dei foreign fighters monitorati (125 rispetto a 110) e pure quello delle persone controllate a fini antiterrorismo: 190.909 nell’anno in corso, oltre il doppio dei 77.691 sottoposti ad accertamenti nei primi sette mesi del 2016.

Legge anti radicalismi al vaglio del Senato

A luglio la Camera dei deputati ha approvato, in prima lettura, un disegno di legge (primi firmatari i deputati Andrea Manciulli, del Pd, e Stefano Dambruoso, Scelta civica, già magistrato anti terrorismo) che prevede l'introduzione di misure per prevenire proprio fenomeni di radicalizzazione ed estremismo e per provvedere al recupero umano, sociale, culturale e professionale di soggetti cittadini italiani o stranieri residenti in Italia già protagonisti di episodi di radicalizzazione. Il provvedimento, composto di 12 articoli, è passato con i voti favorevoli della maggioranza, e di alcuni deputati del Gruppo Misto (contrari invece Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia e 5Stelle e astenuti i rappresentanti di Si e Possibile).

Il testo, attualmente all'esame del Senato, prevede l'attivazione di strategie di prevenzione e di recupero, in linea con le indicazioni emerse a livello dell'Unione europea. Ai fini della legge, la "radicalizzazione" è individuata in quei fenomeni che vedono persone simpatizzare o aderire manifestamente ad ideologie di matrice jihadista, ispirate all'uso della violenza e del terrorismo, politicamente o religiosamente motivati. Inoltre, è prevista l'istituzione del Centro nazionale sulla radicalizzazione (Crad) presso il Dipartimento delle libertà civili e dell'immigrazione del ministro dell'Interno: avrà la finalità di promuovere e sviluppare le misure, gli interventi ed i programmi diretti a prevenire fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista, nonchè di favorire la "deradicalizzazione" dei soggetti coinvolti.

Ogni anno, il Crad dovrà elaborare un piano strategico nazionale di prevenzione e di recupero, che dovrà essere attuato localmente dai Centri di coordinamento regionali sulla radicalizzazione (Ccr), presso le Prefetture dei capoluoghi di regione.