Attualità

Il documento. Aborto, l'Onu sbaglia i conti: troppi obiettori

Viviana Daloiso martedì 28 marzo 2017

L’Italia sul piano della tutela dei diritti umani ha fatto bene negli ultimi tempi. Tra gli «aspetti positivi» dell’operato del governo il primo è la legge sulle unioni civili, che regolamenta le unioni tra persone dello stesso sesso. Mancano però ancora degli «sforzi importanti»: quello di permettere alle stesse coppie omosessuali di adottare, per esempio, o di accedere alla provetta. Per non parlare dell’aborto: è un servizio che va garantito, le donne devono avere «un sistema di riferimento», troppi obiettori e troppe interruzioni di gravidanza clandestine.

Sono solo alcune delle raccomandazioni che ieri, in un documento pubblicato integralmente sul suo sito, il Comitato per i diritti umani dell’Onu ha rivolto al nostro Paese. L’organismo, che nasce col compito di vigilare sul rispetto della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (un trattato-costola, per così dire, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo), periodicamente consulta parti della società civile degli Stati per monitorarne le leggi e le pratiche. Colloqui piuttosto informali, all’interno dei quali non vengono richiesti dossier o statistiche precise, e che sono finalizzati alla stesura di pareri altrettanti generici: non a caso, proprio parlando dell’aborto, il documento del Comitato accenna soltanto al problema degli obiettori per esempio (che, come il ministero della Salute ha documentato e Avvenire ricordato più volte, non ha esiti sulla garanzia del servizio negli ospedali), così come nell’ampio capitolo dedicato ai migranti e ai rifugiati viene appena sfiorato il tema del soccorso e dell’accoglienza che pure, nel nostro Paese, hanno salvato così tante vite.

Nel testo i riferimenti ad aborto e adozioni gay sono, per altro, soltanto dei passaggi. Il Comitato ci raccomanda misure di assoluto, e altrettanto generico, buon senso: favorire l’inclusione di Rom, Sinti e Camminanti, abolire il reato di clandestinità e tutelare i minori non accompagnati, fare di più sul fronte della discriminazione razziale e di genere e su quello del linguaggio dell’odio. E ancora, migliorare le condizioni di vita in carcere (paragrafo piuttosto corposo quello dedicato al 41bis), garantire più privacy sul web, depenalizzare blasfemia e diffamazione, tutelare la libertà di stampa.

Prossimi colloqui di verifica, tra un anno per quanto riguarda l’argomento dei migranti e dei minori non accompagnati, nel 2022 per tutto il resto.