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Dopo il voto. Grillo: «Partiti nelle ammucchiate. Pd finito». Ma Renzi: «È andata bene»

Angelo Picariello lunedì 12 giugno 2017

Beppe Grillo (M5S) e Matteo Renzi (Pd)

Rompono il silenzio Beppe Grillo e Matteo Renzi, i leader dei due partiti testa a testa negli ultimi sondaggi che non ci stanno a farsi ridimensionare dall’esito del voto.

Grillo: siamo la forza politica più presente

«Il Movimento 5 Stelle è stata la forza politica più presente a questa tornata elettorale, in 225 comuni», rompe l’assedio il leader ferito, con i titoli dei giornali che puntano tutti sul M5S fuori da tutti ballottaggi a solo un anno dai trionfi di Roma e Torino. «Gli altri partiti - dice Grillo - si sono camuffati, soprattutto il Pd che si è presentato in circa metà dei comuni rispetto al Movimento. La maggior parte delle città sono state conquistate da ammucchiate di liste civiche, capitanate da foglie di fico, fatte ad hoc per accaparrarsi voti sul territorio nascondendo il vero volto dei partiti. Senza di loro il Pd di Renzi avrebbe faticato a mettere anche solo qualche consigliere comunale! Stiamo assistendo alla lenta scomparsa di un partito».

Renzi: dati buoni, ora pensiamo ai ballottaggi

Non c’è di che andare trionfanti, nel Pd, sia per i risultati dei candidati, sia per il dato di partito. Matteo Renzi mantiene il profilo basso, ma non ci sta a recitare la parte dello sconfitto: «Buoni i dati delle amministrative- dice -, adesso avanti per i ballottaggi. In bocca al lupo ai sindaci già eletti. Il giorno dopo - aggiunge il leader del Pd - solitamente si fanno tante analisi, chiacchiere e discussioni, come è persino naturale. Noi oggi abbiamo fatto una scelta diversa. Con il presidente del Lazio Nicola Zingaretti abbiamo preso una macchina e siamo saliti a Accumoli e Amatrice per fare il punto sui cantieri. Senza dirlo ai giornali, senza dirlo a nessuno».

Nel centro destra parlano Toti e Salvini

È andata sicuramente meglio al centro destra, ma non per tutti, e lo dimostra il fatto che a rompere il silenzio ci sono di fatto i leader soli dell’ala sovranista-lepenista, e - dentro Forza Italia - il solo governatore ligure Giovanni Toti che fra gli azzurri continua ad opporsi apertamente alla svolta proporzionalista del leader rilanciando invece la logica dell’alleanza, con il supporto ora della buona riuscita di quello che è stato già battezzato "modello Liguria".

Matteo Salvini assicura che farà «di tutto» per l’unità della coalizione anche se fa sapere di non aver parlato ancora con Silvio Berlusconi. Ma gli lancia un ultimo appello: «Se vuole l’unità del centrodestra come va dicendo, dovrebbe scegliere il maggioritario e non il proporzionale del "votami e poi ti spiego cosa faccio dopo"». Entusiasmo anche dentro Fratelli d’Italia: «Torna il bipolarismo», dice il capogruppo alla Camera Fabrizio Rampelli. «Il centrodestra unito può vincere ovunque». E d entro Forza Italia gli fa eco Maurizio Gasparri, che parla di «chiaro richiamo all’unità del centrodestra».

La proposta di Pisicchio (Gruppo misto)

Sul fronte del centrosinistra un osservatore attento come il capogruppo del misto Pino Pisicchio dice che «si conferma una tendenza naturale dell’elettorato verso lo spirito di coalizione e il voto di preferenza, sarebbe opportuno che i partiti ne tenessero conto, correggendo il tiro sulla legge elettorale». Ma lo stesso Pisicchio non si fa molte illusioni, essendo dura a morire - dice - la voglia dei leader di controllare i loro parlamentari. «Ma il minimo sindacale - propone - da concedere come incentivo allo spirito di coalizione potrebbe almeno essere un abbassamento della soglia minima di ingresso per i partiti che si alleano». Chissà che una proposta del genere non si riveli una piccola conseguenza dell’esito di questa tornata amministrativa.