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Domenica 26 gennaio. Emilia Romagna al voto, la sfida decisiva è tra centro e periferia

Arturo Celletti, inviato in Emilia Romagna venerdì 24 gennaio 2020

Il centro di Bologna

Bologna sembra aspettare il voto regionale di domenica 26 gennaio quasi con distacco. Quasi con rassegnazione. Non c’è emozione, semmai c’è sfiducia, c’è proccupazione. All’improvviso anche l’Emilia Romagna dei primati si scopre vulnerabile e Daniele Passini, il presidente cittadino di Confcooperative, spiega perché: «Non vediamo programmi che guardano al futuro. Non vediamo una politica capace di costruire, di mostrare visione».

Parole nette. Quasi un messaggio al governatore uscente. «Qui nessuno mette in discussione Bonaccini. Ha fatto anche bene, ma ora basta parlare delle cose che ha fatto. È ora di dire quello che si vuole fare». E ancora: «Bonaccini parte avanti, ma deve declinare con parole chiare le nuove sfide. Perché il tema vero è uno solo: il futuro». Lasciando la città e attraversando la grande pianura che porta a Ferrara quella sensazione acquista forza. Arriviamo di sera. La città è quasi deserta. Fa freddo. Sotto il Castello Estense ci fermiamo una manciata di minuti con Dario Maresca, ingegnere chimico trentottenne, tre figli e una vita nell’Azione Cattolica. Lui conosce Ferrara. Conosce le luci e le ombre della sua città che poi sono quella della sua Regione. E, da candidato indipendente nelle liste del Pd, invita il "suo" presidente a fare in queste ultime ore di campagna elettorale un salto di qualità: «Ora non basta, e non serve, mettere in fila le cose fatte e gli obiettivi centrati. Osa serve una fase due. Un progetto per il secondo mandato. Ora servono proposte chiare, forti, illuminate, su temi decisivi: le disuguaglianze, la salute, il lavoro».

Torniamo a Bologna con un pensiero che il sondaggista Antonio Noto riassume con dieci parole: «Nessuno dei due candidati ha proposto una Emilia Romagna diversa da quella di adesso. Non c’è un racconto di un progetto che i cittadini avrebbero voluto». Parole si accavallano: programmi, idee, obiettivi. Le grandi questioni messe in fila da Dario Maresca sono le stesse messe nero su bianco in un documento elaborato da tredici organizzazioni cattoliche che ora, nella sede delle Acli, aspettano Stefano Bonaccini. Filippo Diaco, il giovane presidente Acli, ha lavorato senza sosta in queste ultime settimane. Una faticosa opera di cucitura e alla fine il mondo cattolico pare unito nel chiedere con forza attenzione ai programmi. A Bonaccini e a Borgonzoni. «Tanti spot, tanti social. Ma è mancato un vero confronto sulle cose e sul futuro. La gente è incerta, disorientata, indecisa. Tre su dieci non sanno che fare e questo dato non fa altro che rendere ancora più imprevedibile il risultato del voto».

I due concorrenti del centrosinistra Bonaccini e del centrodestra Borgonzoni - Combo da Ansa

Nessuno azzarda previsioni. Nemmeno i sondaggisti si sbilanciano. Pierluigi Castagnetti però sorprende: «Penso vincerà Bonaccini. Ha fatto in questi anni un lavoro pazzesco. La maggioranza degli elettori lo conosce personalmente...». L’ex leader del Ppi ragiona a voce alta mentre nella sede delle Acli di Bologna Gian Luca Galletti, ieri ministro dell’Ambiente e oggi in campo per portare idee e voti a Bonaccini, azzarda una mappa del voto: «A Bologna e Modena c’è il centrosinistra. Anche Ravenna e Faenza tengono. Il resto della Romagna è con la Lega. I nodi? Uno è il voto 5 stelle: più è alto e più scende la Lega. Un altro è il voto pro Lega nelle periferie, tra le montagne, nelle zone rurali dove le difficoltà sono più marcate...». Urban e rural. L’assessore Patrizio Bianchi annuisce. «Oramai è così ovunque. Anche la destra americana pesca voti nel malessere delle periferie... Il malessere c’è e peserà sul voto». È così. La statale 64 Porrettana unisce l’alta Toscana all’Emilia Romagna. «A Gaggio Montano – racconta Passini – c’era la Saeco. Un’azienda forte. Leader negli elettrodomestici. Ora sta smontando tutto. Meglio la Romania. Meglio la Cina. Qui perde competitività, qui un camion da Sasso Marconi a Gaggio impiega due ore». Ecco il malessere delle montagne: le infrastrutture, gli ospedali, le scuole, il lavoro "buono". Ecco il territorio che aspetta Salvini.

C’è l’incognita periferie. C’è l’incognita M5s. C’è l’incognita del partito nuovo disegnato da Zingaretti che non è piaciuto per nulla agli amici di Bonaccini. Almeno nella tempistica. E poi c’è l’incognita sardine. Carlo Costalli, il presidente del Movimento cristiano lavoratori, attraversa l’Emilia Romagna diretto a Firenze e ragiona a voce alta: «Qui la gente voleva un confronto sui programmi e invece ha visto un duello di soli spot. Ma attenzione se il voto verrà letto come una sfida tra Sardine e Lega, la vedo brutta per Bonaccini».

Costalli lavora da sempre per un polo moderato che guarda al Ppe e i messaggi delle Sardine non sono i messaggi del Mcl. E allora un altro grande interrogativo per il centrosinistra: le Sardine sono un autogol? Dario Maresca scuote la testa: «Ma quale guaio, sono una risorsa. Hanno dato un’idea di riscossa. Hanno risvegliato l’orgoglio. Sono gente per bene. Che dice no alla polemica cattiva, che mette via l’aggressività, che non parla alla pancia. Era ora che si dicessero cose così ed è bello che a farlo siano giovani». Castagnetti è ancora più netto: «Nella campagna elettorale si sente il peso di una modalità di presenza assolutamente inedita di cui non sarebbero mai state capaci né la sinistra né la destra. Una sorta di "resistenza civile" che Dossetti voleva includere in Costituzione come diritto soggettivo. La mancanza di un programma politico è per loro un punto di forza, cioè rafforza la loro immagine di alternativa morale, di impulso di coscienza, di indignazione politica precedente e prioritaria rispetto alla militanza partitica».

Siamo alle battute finali. È sera quando sui giornali online rimbalzano le parole di Salvini da Bibbiano. Castagnetti scuote la testa: «Non si era mai vista un’utilizzazione sul piano elettorale di vicende che scandalizzano sicuramente la gente ma destano anche un senso di repulsione per l’intrusione in sfere privatissime». Ancora una volta non c’è la sfida sui programmi che la gente vorrebbe ma Mario Adinolfi, il leader del Popolo della Famiglia in campo in Emilia Romagna a fianco di Lucia Borgonzoni, lega vicenda nazionale a vicende regionali chiudendo la sua campagna elettorale a San Martino in Rio: «Il 15 gennaio 2020 Bonaccini ha avviato sul territorio della provincia di Bologna la sperimentazione del Nipt gratuito per tutte le donne gravide. Il Nipt attraverso una goccia di sangue individua le alterazioni cromosomiche dei nascituri, costerebbe 1.200 euro e Bonaccini ha reso il test gratuito. Qual è la finalità di questo test? Individuare i bambini con trisomia 21. E una volta individuati che succede? Semplice, vengono abortiti. Bonaccini ha detto che se vincerà estenderà il Nipt gratuito a tutta l’Emilia Romagna. Ecco, questa è per me la principale ragione per batterlo e eleggere con i voti del Popolo della Famiglia alla presidenza della Regione Emilia Romagna Lucia Borgonzoni».

LE INTERVISTE AI CANDIDATI DI CENTRODESTRA (LUCIA BORGONZONI) E CENTROSINISTRA (STEFANO BONACCINI)