Attualità

Anagrafe. Le «due mamme», la Chiesa di Torino: strappo sulla pelle dei bambini

Marco Bonatti martedì 24 aprile 2018

La sindaca di Torino, Chiara Appendino, con Chiara Foglietta e Micaela Ghisleni (Ansa)

Vengono sempre per ultimi, o addirittura non esistono. Sono i diritti dei bambini. Mentre il sindaco Chiara Appendino rilascia dichiarazioni entusiaste per aver iscritto all’Anagrafe il bambino «figlio di due madri», la voce della Chiesa torinese si fa sentire attraverso l’editoriale che compare sul numero del settimanale diocesano «La Voce e il tempo», che ha anticipato già oggi sull’on line l’edizione cartacea disponibile da giovedì.

Una prima sottolineatura dell’articolo del direttore Alberto Riccadonna riguarda appunto questa attenzione: «il magistero della Chiesa – scrive - non si stanca di affermare che ogni bambino per crescere in modo sereno ed equilibrato - ha il bisogno primario di avere un padre e una madre. La considerazione massima, realmente partecipe al dolore di coloro che vorrebbero un figlio e non l’hanno, deve fermarsi di fronte al bisogno fondamentale dei piccoli. Di qui la valutazione contraria alla legalizzazione dei bambini con due mamme o due papà; il desiderio di maternità, come altri desideri della vita, non è realizzabile ad ogni costo». Invece il diritto assoluto da promuovere pare essere quello delle coppie omosessuali che vogliono realizzare il proprio desiderio di genitorialità.

Anche nel passato recente l’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia era già intervenuto in casi analoghi: per ricordare non solo che la dottrina della Chiesa non è cambiata, ma che la priorità dell’attenzione va posta alla vita che nasce, e alle condizioni in cui viene accolta; e che non sono le «forzature legislative» a determinare o modificare le condizioni in cui un bambino nasce, cresce e ha bisogno di relazioni affettive ed educative equilibrate. E papa Francesco, nella «Amoris Laetitia», ha affermato che non esiste fondamento per assimilare o stabilire analogie tra le unioni omossessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia.

Un secondo «corno» della problematica sollevata dalla decisione del sindaco Appendino riguarda la legittimità dell’atto compiuto. Si sa che l’iscrizione all’Anagrafe del piccolo Niccolò Pietro non ha alcun valore legale, poiché il quadro normativo nazionale non contempla questa possibilità; il significato del gesto di Appendino, pur nella sua veste di «pubblico ufficiale» è dunque interamente ed esclusivamente politico.

L’editoriale de «La voce e il tempo» si intitola infatti «La forzatura delle due mamme», e vi si legge: «Si può pensare che una legge dello Stato venga applicata a libera discrezione degli 8 mila Comuni d’Italia, ciascuno secondo il proprio orientamento? No, lascia davvero sconcertati lo strappo operato lunedì scorso dall’Amministrazione torinese rispetto alle leggi che regolano l’Anagrafe e lo Stato Civile: il sindaco Appendino ha deciso di ‘forzare la mano’ alle leggi – parole sue – e registrare un neonato come ‘figlio’ di due mamme. Le norme anagrafiche non consentono questo tipo di registrazione. Neanche la Legge Cirinnà sulle unioni civili ha modificato questo punto. E allora ci domandiamo: a cosa servono le decisioni del Parlamento, se le altre Istituzioni dello Stato poi non lo riconoscono?».

Quale spazio, in vicende come questa, per la Chiesa torinese? C’è un primo «dovere» che riguarda proprio il richiamare l’attenzione sui bambini, che sono i protagonisti ma a volte anche le «vittime» di queste vicende; e c’è, come in più occasioni ha sostenuto l’arcivescovo Nosiglia, un impegno preciso a testimoniare la realtà della famiglia, composta da un uomo e da una donna con i loro figli, come progetto di Dio per l’umanità. Non si tratta di andare «contro il progresso», qualunque esso sia. Ma di ricordare che non sono le norme sociali a cambiare la verità, anche quella biologica, sulla persona umana.