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Riscaldamento globale. Groenlandia: la terra dei ghiacci sta diventando davvero verde

Davide Re sabato 24 febbraio 2024

Il centro abitato di Tasilak, in Groenlandia

Il ghiaccio della Groenlandia scompare e viene sostituito dalla vegetazione: negli ultimi 30 anni, l'1,6% della superficie è diventata verde innescando anche profondi cambiamenti del paesaggio e degli ecosistemi. A dirlo è l'aggiornata mappa della vegetazione realizzata sotto la guida di Michael Grimes, dell'Università di Leeds, e pubblicata sulla rivista Scientific Reports.

La trasformazione, che è figlia anche del riscaldamento globale, rischia di svelare porzioni di territorio della terra dei ghiacci che per le risorse naturali contenute sono dei veri e propri scrigni. Fatto che anche da un punto di vista geopolitico potrebbe cambiare già nel breve non poche cose, visto lo status attuale della Groenlandia, paese solo in parte indipendente, in quanto soggetto alla corona danese. Alle scorse elezioni politiche il partito ambientalista che rappresenta la comunità Inuit ha vinto grazie all'impegno per la tutela dell'ambiente, per esempio opponendosi alla cessione - come voleva fare il precedente governo - dei diritti di sfruttamento di una montagna ricca di "terre rare" a compagnie cinesi. Uno sfruttamento che avrebbe inciso non solo sul territorio ma anche nella cultura e nella società della Groenlandia. Questa presa di posizione non stupisce: già in passato si era parlato di una possibile Brexit artica.

Con i suoi 2,1 milioni di chilometri quadrati la Groenlandia è la più grande isola del mondo ed è quasi completamente coperta da ghiacci ma gli effetti del riscaldamento globale ne stanno così rapidamente trasformando il paesaggio. Tra il 2007 e il 2012 la regione ha registrato un aumento di ben 3 gradi della temperatura media rispetto a quella che si registrava tra il 1979 e il 2000, portando alla riduzione della copertura glaciale di quasi 29mila km quadrati, un'estensione poco superiore all'intera Sicilia.

Uno scioglimento tale da aver portato allo sviluppo di nuove estese aree verdi finora inesistenti e che comportano, con un meccanismo di retroazione, un più rapido scioglimento delle aree ghiacciate limitrofe in quanto rocce e terreno assorbono più facilmente il calore del Sole rispetto al ghiaccio che riflette gran parte dei raggi solari. Inoltre, la riduzione della copertura ghiacciata comporta l'emissione di molecole di metano - un gas che accentua ulteriormente il riscaldamento dell'atmosfera - che erano finora intrappolate nel terreno ghiacciato, permafrost. E infine, sottolinea Grimes, "l'espansione della vegetazione, che avviene in tandem con il ritiro dei ghiacciai e della calotta glaciale, sta alterando in modo significativo il flusso di sedimenti e sostanze nutritive nelle acque costiere". "Cambiamenti importanti in particolare per le popolazioni indigene - ha concluso il ricercatore britannico le cui tradizionali pratiche di caccia e sussistenza si basano sulla stabilità di questi delicati ecosistemi".

Una vista della Groenlandia - WikiCommons

Il ritiro del ghiaccio marino nell'Artico non interessa solo la Groenlandia ma anche tutti i paesi che si trovano in quel quadrante, come la Russia e gli Stati Uniti che guardano a questo scenario come a una opportunità per ottenere nuove risorse da sfruttare. Questo ritiro appunto sembra favorire l'avanzata delle foreste boreali alle alte latitudini. Lo dimostra anche in questo caso uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell'Università dell'Alaska Pacific. Il team, guidato da Roman J. Dial, ha combinato osservazioni sul campo e immagini ottenute da remoto di 19 siti distribuiti su 22 gradi di longitudine lungo la linea degli alberi dell'Alaska settentrionale. In aggiunta, il gruppo di ricerca ha esaminato una meta-analisi di dati raccolti su altri 60 siti artici. La temperatura, spiegano gli esperti, rappresenta il principale fattore determinante della separazione tra paesaggi boscosi e tundra alle alte latitudini. Per questo motivo, gli studiosi prevedono che le foreste boreali si espanderanno anche alle alte latitudini sostituendo la tundra, come conseguenza dell'incremento delle temperature artiche.

Questi cambiamenti, sottolineano gli scienziati, potrebbe influenzare negativamente la presenza dell'albedo, favorendo il rilascio di carbonio dal suolo e incrementando il rischio di incendio. Nell'ambito del lavoro, il team ha collegato l'avanzata della foresta boreale con il ritiro del ghiaccio marino artico. Stando a quanto emerge dall'indagine, una percentuale maggiore di foreste boreali si e' evoluta laddove i mari vicini stanno rapidamente perdendo la copertura di ghiaccio autunnale. Nelle aree limitrofe al ghiaccio marino persistente, invece, l'espansione delle foreste sembrava più ristretta.

Questi risultati, commentano gli scienziati, mostrano che le temperature più calde e un manto nevoso più profondo attraverso l'aumento delle precipitazioni dovute all'acqua aperta dell'Oceano Artico forniscono nutrienti del suolo arricchiti e sicurezza per le piante. Questi fattori possono guidare l'avanzamento delle foreste attraverso una maggiore crescita e sopravvivenza dei singoli alberi, alimentando la sostituzione della tundra artica con la foresta boreale. "Nonostante la rapida espansione delle foreste boreali - scrivono gli autori - è improbabile che l'avanzata verso nord supererà la ritirata delle foreste meridionali di fronte agli attuali cambiamenti climatici e ad altre forzanti di origine antropica. Sebbene le cause dell'espansione delle foreste boreali attraverso l'Artico possano essere previste, le conseguenze complete di questo e di altri cambiamenti del bioma rimangono sconosciute. Sarà pertanto necessario condurre ulteriori indagini".