martedì 16 aprile 2024
C'è un metodo terapeutico che risolve il problema dell'infecondità di coppia nella metà dei casi: come funziona, e perché è meglio della provetta (da diversi punti di vista). Un forum a Milano
La sterilità non è più una "condanna": 50% di successi con la medicina riparativa

Ansa

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Si chiama medicina riparativa riproduttiva e merita di essere conosciuta maggiormente perché offre risposte efficaci nel campo della fertilità umana. Se n’è parlato diffusamente nel corso del convegno che si è tenuto a Milano sabato 13 aprile presso l’Auditorium Giovanni Paolo II.

Per René Ecochard, medico, ricercatore e docente all’Università di Lione, l’approccio iniziale è senz’altro diagnostico: «Il primo passo è ripristinare la salute dei genitori, tenendo conto che l’infertilità della coppia ha più cause». Serena Del Zoppo, ginecologa e vicepresidente dell’Associazione Sintotermico Camen (Centro Ambrosiano Metodi Naturali), ha spiegato come la procreazione medicalmente assistita bypassi alcuni passaggi naturali obbligati della fecondazione dell’impianto e delle fasi post-impianto. «La fecondazione riparativa ha un approccio differente – ha affermato –, cioè ha lo scopo di ristabilire l’anatomia e la fisiologia per consentire una naturale fecondazione e un naturale impianto, e lo fa attraverso l’approccio a questioni nutrizionali e stili di vita, trattando aspetti endocrinologici, correggendo condizioni immunologiche, problemi di impianto e, se è il caso, intervenendo anche chirurgicamente. A questa si associano i metodi di regolazione naturale della fertilità, basati sull’osservazione dei biomarcatori di fertilità».

Michele Barbato, ginecologo e presidente Camen, ha chiarito che «per la stragrande maggioranza delle coppie che sono sterili non viene fatta una diagnosi. Viene data spesso l’indicazione di infertilità sine causa, mentre in realtà con un approccio di medicina riparativa nella stragrande maggioranza dei casi si arriva a una diagnosi. Arrivare alla diagnosi è fondamentale perché si imposta una terapia. I risultati sono sorprendenti, vanno al di là di quello che la fecondazione artificiale può dare e sono addirittura migliori, con costi che non hanno paragone, e senza conseguenze sulla salute dei bambini».

Nel corso del convegno si è illustrato come questo approccio sia una proposta valida rispetto alla procreazione medicalmente assistita o fecondazione artificiale. «Oggi è importante far conoscere questa realtà, e il convegno ha inteso presentare un approccio diagnostico e terapeutico diverso che può raggiungere risultati soddisfacenti – ha aggiunto Barbato –. I dati registrati in Lombardia ci dicono che c’è la possibilità per le coppie sterili, anche senza fare particolari terapie, di arrivare a un successo che è intorno al 40%. Phil Boyle, presidente dell’International Institute for Restorative Reproductive Medicine, guardando alle ricerche a livello internazionale, dice che si può arrivare fino al 50% di successi nelle coppie sterili». In tutti i casi ci vuole tempo per la diagnosi e tempo per la terapia. «Occorre avere a disposizione almeno un anno perché le terapie impostate che riparano ciò che fisiologicamente non funziona ripristinino la normalità – ha chiarito Barbato –. Soltanto in un tre per cento dei casi non si riesce a effettuare la diagnosi. Poi c’è un 50 per cento di coppie che non arriva al successo: in questi casi occorre farsi carico della sofferenza delle coppie, che vanno poi accompagnate a prendere coscienza della realtà e valutare le alternative. Molti giungono da noi dopo aver sperimentato la fecondazione in vitro. Compito nostro è prepararle anche al percorso dell’adozione».

Questo congresso si inserisce in un corso di formazione per medici e ostetriche per certificare esperti nel riconoscimento naturale della fertilità. L’obiettivo è creare una rete sul territorio nazionale a cui le coppie sterili possano rivolgersi. La certificazione nasce da una collaborazione fra l’Associazione Sintotermico Camen e l’International Institute for Restorative Reproductive Medicine con l’Università di Napoli “Federico II”. «Devo dire che sono sempre più sorpreso nel vedere le coppie che arrivano dopo una fecondazione in vitro fallita – conclude Barbato –. Quando scoprono come funzionano e come l’osservazione possa essere una grande ricchezza si rendono conto che vedere i ritmi della fertilità e della sterilità è un grande ausilio. La terapia consiste nel migliorare la fase ovulatoria, altre volte è chirurgica, come nel caso dell’endometriosi. Anche per la parte maschile è importante la diagnosi per migliorare la spermatogenesi, per sviluppare la motilità, per migliorare il quadro complessivo. Oggi non si fanno più diagnosi, aspetto cardine della medicina riparativa. È importante insistere sulla diagnosi e valutare gli interventi terapeutici».

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