giovedì 18 aprile 2024
Il voto parte il 19 aprile ma i risultati definitivi arriveranno soltanto a giugno. Scontata la rielezione del premier Narendra Modi. Le luci e le molte ombre della rincorsa indiana
Inizia venerdì il lunghissimo processo elettore in India

Inizia venerdì il lunghissimo processo elettore in India - ANSA

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Una cosa è certa. Anche se l’esito del voto è scontato - una vittoria “facile” per il partito Bharatiya Janata (BJP) del primo ministro Narendra Modi che veleggia verso la terza rielezione - il processo sarà lungo, lunghissimo. Elefantiaco. Più di sei settimane, 44 giorni (nel 2009 ne “bastarono” 39), 968,6 milioni di persone chiamate alle urne in un Paese di 1,4 miliardi di abitanti per eleggere i 543 membri della camera bassa del Parlamento indiano in quella che è la (numericamente) più grande democrazia del mondo. I voti verranno conteggiati insieme il 4 giugno. Per garantire il diritto di voto sono pronti a muoversi 15 milioni tra dipendenti del governo e agenti delle forze di sicurezza. Come nota la Reuters, gli elettori aventi diritto in India sono più del doppio della popolazione dell'Unione Europea che ammonta a 448 milioni di persone. La cifra è cresciuta dell’8% dalle elezioni del 2019.

Il risultato è dato largamente per scontato: gli indiani consacreranno, per il terzo mandato, il Bjp, Bharatiya Janata Party, e il premier Modi che si dichiara certo che dai 303 seggi del 2019 il suo partito balzerà ai 400. Da solo. Senza bisogno dell'apporto degli alleati. Anche se il risultato definitivo non sarà così schiacciante, non c'è analista che non preveda la vittoria di Modi. La coalizione dei ventotto partiti di opposizione I.n.d.i.a., nata nel 2023 sotto la leadership del partito del Congresso, scricchiola già per fratture, defezioni, decisioni last minute di presentarsi da soli. E il sistema maggioritario uninominale ad un solo turno, in cui vince il candidato che prende più voti, non premia le coalizioni.

Sono 130 milioni i giovani chiamati alle urne in India

Sono 130 milioni i giovani chiamati alle urne in India - ANSA

Se dalle urne non ci si aspettano sorprese, ben diverso è il carico di incertezze che gravano sul futuro di questo caleidoscopico gigante, un intarsio che raccoglie la popolazione più grande al mondo, nel quale si affastellano più di 100 lingue parlate, la presenza di tutte le principali religioni del mondo con una maggioranza indù di quasi l'80% e un mosaico di caste organizzate in un sistema gerarchico, contraddizioni sociali ed economiche stridenti. Cosa è scritto nel futuro della terza economia asiatica – nel 2023 valeva 3,7 trilioni di dollari, con una crescita dell'8,4% registrata lo scorso febbraio - destinata a diventare, secondo le previsioni, la terza al mondo dietro Stati Uniti e Cina entro il 2027?
Come scrive la Cnn, sotto la guida di Modi, l’India è pronta al balzo: «diventare una potenza economica, offrendo una reale alternativa alla Cina per gli investitori, i marchi di consumo a caccia di profitti e per i produttori che cercano di ridurre i rischi nelle loro catene di approvvigionamento. Mentre i legami tra Pechino e l’Occidente stanno diventando sempre più logori, l’India gode di sane relazioni con la maggior parte delle principali economie e sta corteggiando le grandi aziende per aprire fabbriche nel Paese».
Proprio come fece la Cina più di trent’anni fa, New Delhi sta avviando una massiccia trasformazione delle infrastrutture, spendendo miliardi nella costruzione di strade, porti, aeroporti e ferrovie. Investitori privati stanno edificando il più grande impianto di energia verde del mondo. Solo nel bilancio federale di quest’anno, « 34 miliardi di dollari sono stati destinati a spese in conto capitale per stimolare l’espansione economica». I risultati si vedono, sono tangibili. Il Paese ha aggiunto quasi 55.000 chilometri alla rete autostradale nazionale, con un aumento del 60% della lunghezza complessiva, tra il 2014 e il 2023.

In India è aperta la piaga delle discriminazioni e delle violenze religiose

In India è aperta la piaga delle discriminazioni e delle violenze religiose - REUTERS

Restano, però, le contraddizioni. Un intrico di diseguaglianze che rischia di soffocare lo sviluppo dell'India, opacizzando il futuro della nazione. Il tasso di disoccupazione dei giovani laureati supera il 29%, nove volte più alto di quelli che non sanno né leggere né scrivere. Il Prodotto interno lordo pro capite resta asmatico: nel 2022 per il tenore di vita, il gigante si classificava al 147° posto. Ad alimentare poi le critiche nei confronti della gestione Modi è la tendenza ad aver fatto «scivolare l'India verso l'autocrazia» e ad aver rafforzato la presa sulle sue istituzioni democratiche.

Il premier nazionalista indù è accusato di aver messo a tacere i suoi critici e di aver represso i media indipendenti indiani, oltre a limitazioni imposte a testate straniere, tra cui la Bbc. Nell'annuale World Press Freedom Index, New Delhi è scesa dal 140 posto nel 2014 - anno in cui Modi salì al potere - a 161 su 180 nazioni nella lista dello scorso anno. Inoltre i gruppi di minoranza denunciano di essere spesso vittime di discriminazioni e attacchi e di essere costretti a vivere come cittadini di "seconda classe": un'accusa che il BJP respinge. Nei due governi Modi, «la repressione e emarginazione a vari livelli ha coinvolto in modo strategico musulmani, cristiani, Sikh e animisti, portando avanti “l’ideale dell’hindutva, l’“induità” che prevede una omologazione induista per nascita di chi vive sul suolo indiano».

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