lunedì 4 dicembre 2023
Quattro morti e diversi feriti nell'attentato in un campus universitario di Marawi, sull'isola meridionale di Mindanao. Lo sdegno dei vescovi, la vicinanza del Papa. Meloni: è persecuzione
Il luogo della strage: nella palestra del campus universitario si stava celebrando la Messa

Il luogo della strage: nella palestra del campus universitario si stava celebrando la Messa - Ansa

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Sono almeno quattro i morti nell’esplosione che alle 7.30 di domenica ha fatto strage durante la Messa nella palestra di un campus universitario della città di Marawi, sulla grande isola meridionale filippina di Mindanao. Una cinquantina gli studenti e insegnanti coinvolti e diversi dei feriti sono ricoverati in gravi condizioni in un ospedale militare. Sulla dinamica dell’evento terroristico, le caratteristiche dell’ordigno stanno indagando polizia e autorità militari, ma oggi è arrivata via Telegram la rivendicazione del Daesh, l’autoproclamato Stato islamico.

L’Università Statale di Mindanao, la maggiore nell’area del Paese a forte presenza musulmana, ha in un comunicato condannato l’atto di violenza, sottolineando “la solidarietà con la nostra comunità cristiana e tutti coloro che sono stati colpiti da questa tragedia”. Nell’ateneo sono state sospese le lezioni e incrementata la vigilanza.

Solidarietà e sdegno con i cattolici locali hanno espresso la Conferenza episcopale filippina e il vescovo di Marawi, Edwin de la Peña, mentre papa Francesco ha ricordato le vittime durante la preghiera dell’Angelus.

La premier Giorgia Meloni ha manifestato la vicinanza del governo «alla comunità cristiana nelle Filippine, in particolare a quella dell'isola di Mindanao», denunciando «con forza la persecuzione cruenta operata da organizzazioni terroristiche» ed esortando la comunità internazionale a sostenere «con azioni concrete le minoranze cristiane costrette a vivere nel terrore».

Le autorità stanno valutando se l’attentato possa essere collegato all’attacco aereo di venerdì contro un accampamento del gruppo jihadista Dawlah Islamiya sempre a Mindanao. Undici gli uccisi tra militanti che per il comando locale delle forze armate filippine stavano preparando attacchi terroristici nella provincia di Maguindanao del Sur, limitrofa alla provincia di Lanao del Sur che ha come capoluogo Marawi, principale città dell’Autonomia musulmana che include aree di Mindanao, le isole di Basilan, Tawi-Tawi e l’arcipelago di Sulu.

In un messaggio il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr ha condannato «nei termini più duri possibili» quella che ha definito «insensata e proditoria azione di terroristi stranieri», suggerendo la cooperazione tra gruppi militanti locali e - soprattutto - le cellule del Daesh, parte della diaspora di militanti dal fronte mediorientale verso l’Asia meridionale e il Sud-Est asiatico. Forse però anche un collegamento con l’attuale conflitto a Gaza.

Resta da vedere se l’atto terroristico di Marawi, città che era stata per cinque mesi a partire dal 23 maggio 2017 interessata da combattimenti casa per casa e semidistrutta dopo l’invasione di guerriglieri islamici del gruppo Maute e degli alleati di Abu Sayyaf costata la vita a un migliaio di persone e che aveva costretto alla fuga un milione di abitanti, potrà influire sul processo di consolidamento dell’Autonomia musulmana.

Un processo, quello verso la piena realizzazione della Regione autonoma Bangsamoro di Mindanao musulmana, essenziale per una pace duratura nel tormentato meridione filippino che ha visto 100mila vittime in un settantennio di violenze, che ha da poco superato la prova del voto per le rappresentanze elettive di base, regolare anche se segnato da intimidazioni e episodi di violenza.

A segnalare una nuova instabilità nell’area, ieri sera un comandante del gruppo Dawlah Islamiya-Maute è stato ucciso a Lanao del Sur in uno scontro con i militari, mentre uno dei vice-comandanti di Abu sayyaf è stato catturato a Basilan mentre cercava di lasciare l’isola.

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