lunedì 26 febbraio 2024
L’attacco durante la Messa domenicale nel villaggio di Essakane. Sospetti su gruppi jihadisti che imperversano nel Paese africano. A Ougadougou decine di vittime tra i fedeli musulmani
L'attacco secondo quanto ricostruito sarebbe stato condotto da uomini armati all'interno della chiesa cattolica di Essakane.

L'attacco secondo quanto ricostruito sarebbe stato condotto da uomini armati all'interno della chiesa cattolica di Essakane. - Vatican News

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Almeno quindici persone sono state uccise nell’attacco di domenica mattina contro la comunità cattolica del villaggio di Essakane in Burkina Faso mentre era in corso la celebrazione della Messa.

La notizia riportata da Vatican News viene confermata anche da un comunicato del vescovo della diocesi di Dori, monsignor Laurent Bifure' Dabire.
Delle vittime 12 sono morte al momento dell'attacco, mentre altre tre persone sono morte in seguito alle ferite riportate. Si riferisce anche di due feriti. L'attacco secondo quanto ricostruito sarebbe stato condotto da uomini armati all'interno della chiesa cattolica di Essakane. La violenza nel villaggio di Essakane è stata un «attacco terroristico», secondo una dichiarazione rilasciata dall'abate Jean-Pierre Sawadogo, vicario generale della diocesi cattolica di Dori, dove è avvenuto l'attentato.

Non sono stati forniti ulteriori dettagli sull'attacco, di cui nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità. Ma i sospetti sono caduti sui jihadisti che hanno spesso attaccato comunità remote e forze di sicurezza, soprattutto nella regione settentrionale.

«Oggi il Burkina Faso - ha commentato il direttore della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alessandro Monteduro - per il fondamentalismo islamista è quello che dieci anni fa rappresentava il nord dell'Iraq. E Dori, nel nord del Paese, rappresenta quello che Mosul era in quegli anni, considerata capitale del sedicente Stato Islamico. Come per quell'ampia area mediorientale nel 2014, una grande parte del Burkina Faso, probabilmente oltre il 50%, è oggi nelle mani di gruppi terroristi jihadisti. I cristiani in modo particolare sono le vittime della loro ferocia. Sono oramai milioni gli sfollati interni o che provano a migrare vagando tra villaggi e città oramai deserte e alla ricerca di un posto dove abitare. Aree anche irraggiungibili anche per le organizzazioni umanitarie». L'appello della fondazione pontificia: «Aiuto alla Chiesa che Soffre invoca le istituzioni internazionali affinché si comprenda che non è possibile ulteriormente non considerare le sofferenze di queste comunità africane innocenti».

Il vescovo: «Preghiamo per la conversione di coloro che continuano a seminare morte»

«In queste dolorose circostanze», ha scritto il presule, «vi invitiamo a pregare per il riposo eterno di quanti sono morti nella fede, per la guarigione dei feriti e per la consolazione dei cuori addolorati. Preghiamo anche per la conversione di coloro che continuano a seminare morte e desolazione nel nostro Paese. Che i nostri sforzi di penitenza e di preghiera durante questo periodo di Quaresima portino pace e sicurezza al nostro Paese, il Burkina Faso».

Circa la metà del Burkina Faso è fuori dal controllo del governo poiché i gruppi jihadisti devastano il paese da anni. I combattenti hanno ucciso migliaia di persone e costretto allo sfollamento più di 2 milioni di persone, minacciando ulteriormente la stabilità del Paese che ha avuto due colpi di stato nel 2022.
Il governo del Burkina Faso ha lottato per ripristinare la pace nei luoghi caldi della violenza dopo il primo colpo di stato del gennaio 2022, ciononostante il numero di persone uccise dai jihadisti è quasi triplicato rispetto ai 18 mesi precedenti, secondo il più recente rapporto dell'African Center for strategic studies.
Oltre alla capacità limitata del governo, la situazione della sicurezza è stata peggiorata anche a causa dei confini porosi del Paese con il Mali e il Niger, entrambi gestiti da governi che lottano anch'essi con crisi di sicurezza.


Non è solo la comunità cattolica a essere stata ferita. Decine di persone sono rimaste uccise domenica mattina in un attacco a una moschea nel Burkina Faso orientale, a Natiaboani. Stando alle primissime informazioni «le vittime erano per la maggior parte uomini» venuti per la preghiera del mattino.


Uomini armati legati ai gruppi ribelli Oromo hanno attaccato anche il monastero di Zequala, nella regione dell'Oromia, a 50 chilometri da Addis Abeba, in Etiopia, dove hanno prelevato e successivamente ucciso quattro monaci. Si tratta di Abba Teklemariam Asrat, Abba Kidane Mariam Tilahun, Abba Gebremaryam Abebe e Hailemariam Woldesenbet. Un quinto sacerdote, Kidanemariam Gebresenbet, è sopravvissuto pur essendo rimasto ferito nell’attacco. Il fatto è accaduto il 22 febbraio.

Secondo quanto riportato dalla rivista specializzata Nigrizia i presunti autori degli omicidi appartengono al Fronte di liberazione Oromo (OLF Shene). L’antico monastero, che ospita molte reliquie e oggetti sacri di valore, ha subito gravi danni a causa di ripetuti saccheggi e incendi nel corso del tempo: la Chiesa ortodossa etiope Tewahedo ha esortato le agenzie di sicurezza federali e regionali ad agire rapidamente per proteggere i monaci e il monastero per evitare che ulteriori attacchi e danni al sito storico.
L’ufficio di presidenza della regione ha chiesto alla gente del posto di collaborare con le forze di sicurezza nell’arresto dei sospetti autori.
L’Esercito di liberazione Oromo (OLA, braccio armato del OLF), che è stato accusato di essere il vero responsabile dell’attacco, non ha rilasciato finora dichiarazioni sugli omicidi e sulle conseguenti accuse mosse dalla sicurezza dell’Oromia.

La stessa Chiesa ortodossa etiope Tewahedo ha avanzato l'ipotesi che il gruppo Oromo Liberation Army abbia un legame clandestino con le autorità governative regionali dell'Oromia per prendere di mira gli appartenenti alla Chiesa cristiana ortodossa della regione.



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