lunedì 15 aprile 2024
Secondo gli ultimi dati dell'Ufficio nazionale di Statistica, da quando è al governo il tasso di povertà è aumentato di 4,4 punti
Il presidente Nayib Bukele

Il presidente Nayib Bukele - Reuters

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L'aumento della sicurezza finirà per tradursi in stabilità economica. È la promessa che il presidente di El Salvador Nayib Bukele continua a vendere ai suoi interlocutori internazionali. La realtà è che, secondo gli ultimi dati dell'Ufficio nazionale di Statistica, 1,9 milioni di persone, in un Paese di poco più piccolo della Toscana, vive in povertà. E la situazione continua ad aggravarsi: dal 2019 – anno di inizio del governo Bukele – il tasso di povertà è aumentato di 4,4 punti. Nei piani del presidente millennial l'adozione del bitcoin come moneta legale, accanto al dollaro, avrebbe dovuto rappresentare un momento di svolta per l'economia del Paese. Ma la rivoluzione tarda a partire e il Fondo monetario internazionale (Fmi) continua a opporsi.

Sono appena ripresi i colloqui con l'Fmi per un credito di 1,3 miliardi di dollari. Sono finanziamenti necessari per El Salvador perché riesca a far fronte agli impegni fiscali e al pagamento del debito che, secondo il Banco Central de Reserva, alla fine del 2023 ammontava a 34 milioni di dollari, pari all'82% del Pil. Le trattative sono però in stallo da due anni perché il governo non intende rivedere la Legge Bitcoin, che ha dato corso legale alla criptovaluta nel 2021. Ma l'Fmi lo ha detto chiaramente: se viene mantenuta la criptovaluta, niente accordo. Julie Kozack, responsabile della comunicazione del Fondo, ha ribadito la settima scorsa: «La questione dei rischi associati al bitcoin è un elemento chiave nelle nostre discussioni con le autorità salvadoregne». A preoccupare è l'instabilità e la decentralizzazione della criptovaluta. Ancora più esplicito il colosso finanziario Barclays: l'accordo con l'Fmi è un «salvavita», perché aprirebbe anche le porte ad altri enti finanziari.

Ma il presidente salvadoregno non sembra intenzionato a fare alcun passo indietro. Il mese scorso ha annunciato sul suo account X di aver trasferito, a seguito di un rialzo record, più di 400 milioni di dollari in bitcoin, teoricamente detenuti dallo Stato, in un "portafoglio freddo" offline per proteggere gli investimenti in criptovaluta. Un tesoretto cospicuo, più di quello che gli esperti si aspettavano. Peccato che l'80% di questi fondi non provenga dall'ecosistema del portafoglio governativo Chivo Wallet, ma da Bitfinex. Gestita dagli italiani Paolo Ardonio e Giancarlo Davasini, la società ha stretti legami con il governo per il quale ha anche partecipato alla costruzione della legge sull'emissione di asset crittografici. La gestione opaca del governo Bukele non permette di verificare quanto di quel tesoretto appartenga effettivamente allo Stato. Ma non stupisce, forse, sapendo che buona parte del progetto Bitcoin è stato finanziato con 200 milioni di dollari di un prestito della Banca Centroamericana per l'Integrazione Economico, che era invece destinato a sostenere le piccole imprese colpite dalla pandemia.

L'espressione magica con cui Bukele giustifica la mancanza di trasparenza è sempre la stessa: «No se imaginan como alcanza el dinero, cuando nadie está robando». Insomma, se nessuno ruba i soldi ci sono. Era la risposta che un giovane Bukele già dava a chi gli chiedeva come riuscisse a finanziare tutte le opere che annunciava. Era il 2012 ed era appena stato eletto sindaco di Nuevo Cuscatlán, piccolo comune di sei mila abitanti. Aveva promesso di devolvere il proprio stipendio di sindaco agli anziani, visitare i comuni vicini per distribuire alimenti, e aveva inaugurato un ambulatorio gratuito. Nuevo Cuscatlán divenne un'anticipazione del modello di gestione che avrebbe caratterizzato il presidente salvadoregno. Inarrestabile e che non rende conto a nessuno. Bukele era consapevole dell'importanza dell'immagine, della narrazione e delle leve emotive da muovere. Lavorava nel campo pubblicitario, giocare con paure e desideri era essenziale. E già all’epoca della sua elezione a sindaco la più grande paura dei cittadini era la violenza. Il più grande desiderio vivere in prosperità. Cosa che sarebbe avvenuta, raccontava Bukele, quando non ci sarebbe più stata corruzione. Primo obiettivo (quasi) raggiunto, mantenendo la popolazione in stato di emergenza permanente da due anni. Per l’altro obiettivo si attendono risultati in questo secondo mandato (vietato dalla Costituzione). Nel frattempo, di tanto in tanto, Bukele ricorda ai suoi concittadini: Coman su proteína. Lo fa commentando le immagini che condivide su Instagram dei propri pranzi o cene a base di ostriche e filetto, mentre il costo del paniere di base aumenta e il reddito del 30% della popolazione non riesce a coprirlo.

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