martedì 7 novembre 2023
La scoperta del normale
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Tra le pagine dell’Atlante delle emozioni umane, redatto qualche anno fa da Tiffany Watt Smith (tradotto da Violetta Bellocchio per Utet), sono stati catalogati 156 stati d’animo che «non sai di aver provato, o che non proverai mai», come ammicca il sottotitolo di copertina per invitarci all’acquisto del tomo. Ecco, a riscriverlo oggi, forse questo bellissimo inventario dovrebbe prevedere una voce ulteriore, inedita, che porterebbe il computo a 157, perché altrimenti io non saprei dare un nome allo straordinario movimento di popolo che qualche settimana fa ha portato migliaia di persone davanti alle sedi Avis di tutta Italia per donare il proprio sangue. Non è successo niente di simile neanche a ridosso delle nostre tragedie collettive più importanti, non succede quotidianamente nei nostri ospedali, tutti, attrezzati per accogliere donatori e donatrici, a prescindere dal brand associativo che si fa carico del prelievo. Non era ancora successo, nonostante la pubblicità di Avis, impegnata come tante organizzazioni a prodigarsi in volantini, locandine, video, campagne, per sensibilizzare i propri pubblici sull’importanza di un gesto civile, che non ha nulla di virtuoso, e sarebbe da considerare un rituale periodico, al servizio della comunità.

Così non è, ma l’emozione che arriva attraverso gli schermi in cui il paziente Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, ringrazia chi dona il proprio sangue, dopo aver subito le trasfusioni che gli avrebbero salvato la vita, un nome se lo merita proprio. Perché la sua testimonianza, registrata fuori dai suoi canonici palinsesti, ha reso il lavoro di Avis visibile, tangibile e importante per migliaia di follower che il giorno dopo, appunto, hanno affollato le sale mediche predisposte per i prelievi. Probabilmente sarà stato il pallore davanti all’obiettivo, oppure il candore assoluto con cui ha parlato di salute mentale, le cui emozioni sono quasi sempre colorate di nero e hanno nomi clinici a trasformarle in tabù, spesso proprio per quei ragazzi e per quelle ragazze che vedono in Fedez e la sua famiglia un modello di riferimento.

Giusto o sbagliato che sia, che piaccia o meno, la normalità di Fedez muove, ispira e crea un impatto. In una parola, emoziona. E se fosse questa la voce da inserire nella prossima edizione dell’atlante emotivo della Swift? Perché ho come l’impressione che con la normalità si sia persa un po’ di confidenza. Impegnati come siamo nella continua rincorsa delle nostre narrazioni social, filtrate dalle colorazioni d’atmosfera suggerite dalle piattaforme, la pallida normalità finisce per far risuonare un’ondata emotiva senza precedenti. Vuoi vedere che dopo anni di vetrine digitali la nuova moneta di scambio è diventata la normalità? Quella che non teme la malattia, la depressione, la morte. Che come voleva Totò, livella il mondo, dal basso verso l’alto e viceversa. Ecco, forse è davvero la scoperta di questo comune senso del normale a emozionare così tanto.

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