domenica 4 febbraio 2024
Il 4 febbraio 2019 papa Francesco e il grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb firmavano lo storico testo, via nuova per il dialogo interreligioso. Una riflessione sui suoi frutti
La firma. Papa Francesco e Ahmad al-Tayyeb, Grande Imam dell’Università e Moschea al-Azhar del Cairo

La firma. Papa Francesco e Ahmad al-Tayyeb, Grande Imam dell’Università e Moschea al-Azhar del Cairo - Ansa

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Cinque anni sono passati dalla storica data della firma congiunta, sotto il “Documento sulla Fratellanza umana per la Pace mondiale e la Convivenza comune”, di papa Francesco e di Ahmad al-Tayyeb, grande imam dell’Università e Moschea al-Azhar del Cairo. Si è trattato del momento culminante dell’altrettanto storico viaggio di papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti, il primo di un Papa nella Penisola arabica, dal 3 al 5 febbraio 2019.

Da allora, grazie a una commissione istituita per l’attuazione del documento, almeno due risultati macroscopici sono stati raggiunti: la proclamazione nel dicembre 2020 da parte dell’Onu della Giornata internazionale della Fratellanza umana da celebrarsi il 4 febbraio di ogni anno; la costruzione ad Abu Dhabi della Casa della Famiglia di Abramo, inaugurata nel febbraio 2022 per promuovere la convivenza e combattere gli estremismi: si tratta di una moschea, di una sinagoga e di una chiesa unite da uno spazio comune per sottolineare l’unità nella differenza. In Italia è notevole l’impegno dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della Cei, che ogni anno organizza un grande convegno islamo-cristiano su uno dei temi proposti nel documento.

In Europa sono attivi gruppi di studio all’interno di università cattoliche, raggruppati sotto la sigla “Pluriel”, che studiano le relazioni tra cristiani e musulmani e che proprio in questi giorni stanno tenendo un grosso convegno ad Abu Dhabi sul medesimo documento. Quindi l’interesse non è scemato, almeno in alcuni ambienti.

Il problema principale è di portare il suo spirito “al livello della strada”, come direbbe l’indimenticato cardinale Jean Louis Tauran, portarlo cioè al livello di una coscienza comune e condivisa.

Per questo infatti papa Francesco e Ahmad al-Tayyeb si rivolgevano non solo ai credenti ma a tutti coloro che hanno influenza sulla società e sulle decisioni politiche, economiche e legislative.

Il documento si apre con una frase fulminante nella sua semplicità: “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”. Si noti che i termini “fede”, “credente” e “altro” non portano aggettivi: se il capo della Chiesa cattolica e il Grande Imam di al-Azhar sono rispettivamente un cristiano e un musulmano, essi tuttavia si rivolgono a tutti, perché ogni essere umano, a prescindere dalla sua religione, sia riconosciuto come fratello.

I problemi del mondo contemporaneo, con le guerre e le ingiustizie sociali che lo attraversano, sembrano dire esattamente il contrario, perché “l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza” stanno ancora proliferando, come testimoniano, accanto a noi, i conflitti aperti in Ucraina e in Terra Santa.

Ma questi sono la punta dell’iceberg: l’odio e la rabbia che serpeggiano sotto traccia anche nella nostra società ne sono l’origine e l’humus. Restano ancora aperti molti temi posti sul tappeto dal documento.

Qualche esempio. Che ne è del concetto di fratellanza? Molti ne parlano ma non molti sono disponibili ad agire di conseguenza: di fatto Caino e Abele continuano a essere spesso la cifra dominante a livello sia religioso sia famigliare, sociale e politico. Che ne è della libertà di ogni essere umano e in particolare della libertà di coscienza e religiosa, garantite spesso – non sempre – dalle costituzioni statali ma ancora difficilmente accettate in diverse parti del mondo? Che ne è del diritto alla piena cittadinanza e del rapporto tra le maggioranze e le minoranze etniche, linguistiche e religiose? E ancora, che ne è della garanzia dei pieni diritti delle donne a livello sociale ma anche all’interno delle strutture religiose? Il Papa e il Grande Imam si sono impegnati. E i rispettivi fedeli? Cinque anni non sono molti ma sappiamo che l’interesse per un evento nell’opinione pubblica sfuma velocemente. Quanti nella Chiesa italiana sono attualmente a conoscenza di questo documento profetico e soprattutto quanti, anche tra questi, ne hanno compreso lo spirito e i contenuti?

Valentino Cottini è stato preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica



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