sabato 13 aprile 2024
Parla Marcello Bedeschi, uno degli organizzatori del Giubileo dei giovani che si tenne la Domenica delle Palme esattamente quattro decenni fa. «Altro che flop, i ragazzi risposero con entusiasmo»
Giovanni Paolo II il 14 aprile 1984 durante l'incontro con i giovani durante il Giubileo dedicato alle nuove generazioni. Da lì nacquero le Giornata mondiali della Gioventù

Giovanni Paolo II il 14 aprile 1984 durante l'incontro con i giovani durante il Giubileo dedicato alle nuove generazioni. Da lì nacquero le Giornata mondiali della Gioventù - Siciliani

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Fu «una grande sorpresa per i pastori, e persino per i vescovi». Questa frase di san Giovanni Paolo II nel libro “Varcare la soglia della speranza” ben fotografa l’inizio del cammino che poi sfocerà nelle Giornate mondiali della gioventù. Esattamente quarant’anni fa. Durante i quattro giorni, da giovedì 12 aprile 1984 alla successiva Domenica delle Palme, 15 aprile, che cambiarono di fatto il rapporto tra la Chiesa cattolica e il mondo giovanile. Di quella sorpresa e di quell’evento, che quarant’anni dopo non è esagerato definire storico, fu testimone diretto Marcello Bedeschi, all’epoca tesoriere dell’Azione Cattolica e da allora in poi uno dei principali organizzatori delle Gmg (fino a Panama 2019) in qualità di presidente della Fondazione “Gioventù Chiesa e speranza”. In pratica il braccio operativo del Pontificio Consiglio per i laici, ora confluito nel Dicastero laici, famiglia e vita.

Perché san Giovanni Paolo II parlò di «grande sorpresa»?

La grande sorpresa, per molti ma non per il Papa, fu quella di vedere così largamente corrisposto (300mila giovani in piazza San Pietro) un invito che sulle prime aveva suscitato non poche perplessità anche all’interno della Chiesa. Erano anni di rapporti non proprio idilliaci tra associazioni e movimenti ecclesiali (si pensi ad esempio alle tensioni tra Azione Cattolica e Comunione e Liberazione). Ed erano anche anni in cui, secondo una certa narrazione, della fede ai giovani non interessava più molto. C’era dunque il timore che l’incontro si rivelasse un flop. E in più circolavano riserve su una formula che alcuni giudicavano non più adatta ai tempi.

E invece?

E invece san Giovanni Paolo II dimostrò di avere l’occhio più lungo di tutti. Chiamò a raccolta i giovani. E i giovani risposero alla grande. Ricordo come se fosse ieri la fiaccolata di 60mila ragazzi lungo via della Conciliazione il 12 aprile 1984, primo atto del Giubileo dei giovani. E poi la gioia nel constatare che i 60mila del giovedì erano diventati 300mila la sera del sabato 14 aprile e il giorno dopo, Domenica delle Palme. Una cosa mai vista per l’epoca. Insieme ai giovani ci fu anche la presenza di figure importantissime, come madre Teresa di Calcutta, frère Roger Schutz, e dei fondatori di molti realtà ecclesiali, come Chiara Lubich, don Luigi Giussani, Kiko Arguello e Carmen Hernandez, oltre al presidente dell’Ac Mario Agnes.

Come si arrivò a quei momenti?

L’organizzazione fu fatta in maniera molto semplice. Familiare, oserei dire. E anche in questo caso fu determinante l’impostazione data dal Papa, che all’inizio del 1983 costituì un piccolo comitato in seno al Pontificio Consiglio per i Laici, allora presieduto dal cardinale Opilio Rossi. Si doveva promuovere un grande incontro di giovani in occasione dell’Anno Santo della Redenzione. All’inizio eravamo in sei. Oltre a me, c’erano Alberto Savorana, Annalisa Aicardi, oggi suor Annalisa della Madre di Dio, carmelitana scalza, Guzmàn Carriquiry, poi sottosegretario del Pontificio Consiglio per i Laici e ambasciatore dell’Uruguay presso la Santa Sede, e due giovani sacerdoti, Józef Michalik, che sarebbe diventato vescovo e presidente della Conferenza episcopale polacca, e don Gianni Danzi, anche lui poi diventato vescovo, segretario del Governatorato e poi prelato di Loreto. Il gruppo venne allargato successivamente, in modo che fossero rappresentate le diverse realtà ecclesiali. Il nostro punto di riferimento organizzativo era monsignor Paul Josef Cordes, futuro cardinale. Il Pontefice il 22 maggio 1983 invitò per la prima volta i giovani a Roma.

Quale fu il lascito di quel Giubileo dei giovani?

Fu un lascito enorme. Perché da lì partì tutta la storia delle Gmg. Il Papa disse ai giovani: «Eliminate il male, reagite alla cultura della morte. Scegliete la vita». Parole che mi riportano alla mente il discorso di Roma 2000. «Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti».

E poi ci fu la consegna della croce.

Sì, la grande Croce in legno che da allora accompagna tutte le Giornate mondiali della Gioventù. Avvenne il 22 aprile 1984, giorno di Pasqua, a conclusione dell’Anno Santo Straordinario. Quella croce è stata ed è compagna di viaggio di milioni giovani intorno al mondo, oltre che testimone della grandiosa staffetta della fede che sono le Gmg. Una sorta di viatico. Perché Giovanni Paolo II aveva già capito che quello era un punto di partenza, non di arrivo.

In che senso?

A conclusione del Giubileo dei giovani, incontrandoci come membri del comitato organizzatore nell’atrio della Basilica di San Pietro, disse: «L’idea è stata buona, bisogna continuare». Abbiamo continuato.

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