giovedì 28 marzo 2024
Dopo il caso Pioltello, il confronto tra ministri continua. Salvini: non più di un quinto. Valditara: non si superi la metà
La scuola Carlo Pisacane a Roma

La scuola Carlo Pisacane a Roma - ANSA

COMMENTA E CONDIVIDI

Il 20 per cento o meno della metà? La percentuale massima di alunni stranieri nelle classi italiane continua a interrogare la politica, strascico della vicenda di Pioltello. Se una scuola densamente popolata da alunni musulmani ha ritenuto di chiudere nel giorno conclusivo del Ramadan proprio perché le aule sarebbero state comunque vuote, ecco che si ricomincia a ragionare su “tetti” e “quote”. Ma quale potrebbe essere una equilibrata distribuzione delle presenze per una didattica che da una parte non penalizzi gli alunni italiani e dall’altra garantisca una corretta integrazione? Le ricette divergono. Per il ministro e numero uno della Lega Matteo Salvini il numero magico è 20. «Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini come fa una maestra a spiegare?».

Percentuale difficile da osservare in molti quartieri delle nostre città, dove la presenza di stranieri è massiccia. A Tor Pignattara, Roma sud-est, fece scalpore il caso della “Carlo Pisacane”: con il 95% di alunni stranieri 15 anni fa era considerato un ghetto, oggi, dopo un duro lavoro e il ritorno progressivo degli studenti italiani, invece un laboratorio di coesione sociale. Proprio la dirigente scolastica del “Pisacane”, Rosanna Labalestra, spiega perché la quota del 20% in un quartiere come il suo è “inapplicabile”: «Non posso mandare via gli alunni per mantenere una rigida percentuale. Hanno diritto a una scuola di prossimità ed è quello che anche la Costituzione e il ministero ci dicono di fare: accogliere».

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara sembra essere di manica più larga rispetto al collega Matteo Salvini: in un post su X annuncia «la direzione in cui intendiamo muoverci», e cioè classi con non più del 50% di alunni con cittadinanza non italiana dunque, perché «se si è d’accordo che gli stranieri si assimilino sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione, ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani e, se studieranno in modo potenziato l’italiano». Una «direzione» che comprende (forse) anche l’ipotesi di classi separate di sostegno per gli stranieri in caso di rilevante deficit linguistico e matematico. L’idea, annunciata dallo stesso Valditara all’inizio del mese, aveva raccolto le critiche di Pd e M5s («No alle classi ghetto») e della Cgil, mentre la Cisl si era dimostrata aperta a un confronto.

Stesso scenario per l’ipotesi di un tetto del 50%: sì dalla maggioranza, forti critiche dal Pd e dalla Cgil. Va notato anche che in teoria un tetto di presenze in caso di alunni con ridotta conoscenza dell’italiano esiste già, è al 30% ed è contenuto in una circolare del 2010 dell’allora ministra Gelmini, che ammetteva però deroghe.

Le scuole italiane nel 2022/23 erano frequentate da circa un milione di studenti con cittadinanza non italiana, l’11,3% del totale degli iscritti. L’anno precedente erano 865.388. Un terzo è inserito alle elementari, il 19% alle medie e il 21% alle superiori. Le scuole del Nord-Italia ospitano più della metà degli alunni stranieri, e la Lombardia da sola ne totalizza il 25% (238.254). Ultima notazione: il 67% degli alunni con cittadinanza non italiana è nato... in Italia.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: