sabato 2 marzo 2024
Giacomo Possamai, 34 anni, è il più giovane primo cittadino della storia di Vicenza. «Non c'è più un partito cattolico ma i credenti hanno tanto da dire se sanno dare corpo al magistero della Chiesa»
Giacomo Possamai incontra i concittadini

Giacomo Possamai incontra i concittadini - Foto di archivio

COMMENTA E CONDIVIDI

Il nostro viaggio fra i cattolici impegnati in politica a 30 anni dalla fine dell’esperienza unitaria si sposta in provincia, con il giovane sindaco di Vicenza Giacomo Possamai e con Alessia Marta, una madre che a Todi dall’esperienza di associazionismo familiare ha tratto le motivazioni per dare una mano all’amministrazione della sua città. Un modo anche per dare una risposta in positivo alle sollecitazioni di due autorevoli analisti come il sondaggista Nando Pagnoncelli e il sociologo Giuseppe De Rita che nelle interviste che abbiamo pubblicato avevano messo il dito nella piaga, descrivendo una scarsa disponibilità, anche dei cattolici, a mettersi in gioco per il bene della comunità.


Giacomo Possamai con i suoi 34 anni è il più giovane sindaco della storia di Vicenza. Ha fatto tutta la trafila nel Pd (responsabile giovanile provinciale e vice segretario nazionale, membro della segreteria con Enrico Letta, consigliere comunale, consigliare regionale, primarie) senza aver conosciuto i tradizionali filoni politici dei cattolici nel centro sinistra (Popolari, poi Margherita), già confluiti nel Pd. Ma ama definirsi cattolico in un partito in cui i cattolici lamentano di non essere tenuti nella dovuta considerazione e ritiene decisivo per la sua scelta politica l’impegno per il bene comune appreso da ragazzo nell’associazionismo. Conosce bene, da primogenito di 6 figli, il bello e le difficoltà di una famiglia numerosa, suo padre, Paolo, è stato direttore di diversi quotidiani locali del Triveneto.
Quanto ha inciso nella sua formazione l’esperienza associativa fatta?
Ho iniziato a 16 anni, a scuola. Fra le prime esperienze, che mi hanno forgiato, i week end socio-politici che l’Azione cattolica promuoveva, e promuove ancora, a Vicenza. Con un gruppo di giovani, ma non solo, si andava in una delle case dell’Ac in montagna, a Tonezza del Cimone. Si ascoltavano testimonianze, mi colpì molto quella di Giovanni Bachelet, il figlio dell’ex presidente di Ac ucciso dalle Brigate Rosse, autore di una celebre preghiera dei fedeli sul perdono ai funerali del padre.
Pagnoncelli e De Rita sostengono che è il senso del bene comune che si è smarrito. Oggi Moro e Bachelet forse farebbero fatica a farsi apprezzare…
Il fatto è che nella Prima Repubblica, e per una certa fase nella Seconda, i cattolici, anche attraverso i movimenti giovanili, svolgevano un ruolo importante nella formazione e selezione dei giovani. Erano luoghi di crescita, anche per chi poi non sceglieva l’impegno politico. Oggi questi luoghi scarseggiano o mancano del tutto.
I social sono un male o riempiono un vuoto?
Non so se sono un male, sicuramente manca un pezzo. Conoscere e frequentare esponenti della politica o della società civile impegnati è diverso dal leggere un articolo on-line o dal vedere un video su Instagram. I social hanno lati positivi, ma non possono essere l’unica fonte di approfondimento.
Chi si impegna in politica provenendo da quel mondo non è lasciato un po’ solo?
Io a Vicenza ho la fortuna di avere un confronto costante con gli ambiti in cui sono cresciuto. Le parrocchie restano una delle realtà più radicate e capillari delle nostre città, un luogo di confronto e stimolo fondamentale, ma anche di impegno sociale.
Quindi il “segreto” per la promozione del bene comune è restare ancorati al mondo da cui si proviene?
Per me lo è, ma dovrebbe esserlo per qualsiasi amministratore. Il mondo cattolico è così articolato e presente, chiunque dovrebbe confrontarsi con esso per le proposte che è in grado di offrire e il coinvolgimento dei cittadini che realizza.
Per chi vuole impegnarsi per il bene comune che suggerimenti dà?
Il primo suggerimento è di farlo. Impegnarsi in politica è bello, anche da semplici militanti: si dà un contributo, ma si cresce pure, si impara tanto. Il Papa sul tema dei beni comuni e della fratellanza è uno stimolo alla partecipazione per tutti.
Questa collaborazione ha prodotto già risultati visibili?
Ci sono settori, non solo a Vicenza, in cui senza la collaborazione della diocesi e dell’associazionismo non potremmo far fronte: penso ai senza fissa dimora, ma anche alle eccedenze alimentari messe a disposizione delle famiglie in difficoltà. Un altro ambito sui cui stiamo ragionando con la diocesi è una rete di spazi dedicati ai giovani, ma anche agli anziani, mettendo insieme i centri civici e gli oratori, in modo che in ogni quartiere ci siano luoghi di aggregazione. Perché il male del nostro tempo è la solitudine, serve un’alleanza forte per essere di aiuto.
E sulla denatalità?
È un altro impegno che ci siamo dati. In cinque anni vogliamo azzerare le rette per gli asili nido: siamo partiti da un primo taglio del 20 per cento. Certo servirebbero più risorse dello Stato, ma noi faremo la nostra parte. Stiamo poi anche pensando, sui servizi, di venire incontro alle famiglie numerose.
Ma allora non è vero che i cattolici non sono più incisivi, in politica?
Non esiste più un partito cattolico, ma i cattolici hanno tanto da dire, possono avere una marcia in più se il loro impegno è una testimonianza che dà corpo al magistero della Chiesa, che in questo momento è un’indicazione per tutti.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI