giovedì 27 luglio 2023
L'incendio potrebbe essere doloso. Niente acqua né elettricità per oltre 200 invisibili che senza diritti fanno comodo a chi approfitta del lavoro nero, nel silenzio della politica
A Crotone le fiamme divorano le povere casupole dei migranti dimenticati

A Crotone le fiamme divorano le povere casupole dei migranti dimenticati - Mira

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Un incendio ha completamente distrutto la baraccopoli di Crotone dove vivono gli immigrati più fragili, non tutelati. Coincidenza, o forse no, le fiamme sono partite da alcuni barconi in secca nel porto, che avevano trasportato immigrati sbarcati nella città pitagorica dalla rotta turca.

Un fatto che fa fortemente sospettare la natura dolosa dell’incendio. E’ accaduto nel tardo pomeriggio di martedì ma il fatto è passato in sordina, tra i tantissimi incendi che hanno colpito il Sud, in particolare Sicilia e Calabria. Ma questo è molto preoccupante. Anche se la ventina di immigrati presenti si è salvata senza danni. Hanno comunque perso tutto, tra le fiamme altissime facilitate dai materiali delle baracche, soprattutto plastica e legno, e dal forte vento.

Alcuni immigrati sono stati ospitati nel dormitorio della diocesi, gestito dall’associazione Sabir, altri sono finiti per strada. Nessuno si è mosso. Ignorati nel dramma così come prima.

Il video:

Video

Il ghetto era chiamato “sotto al ponte” perché era sorto da anni sotto un lungo cavalcavia stradale, non lontano dalla stazione e dal porto. Eppure per le autorità locali e le istituzioni statali non esisteva.

Invece c’era, eccome. C’eravamo stati proprio un anno fa assieme agli operatori e volontari del Progetto presidio della Caritas diocesana. Una cinquantina di baracche che arrivavano a ospitare anche più di 200 persone. Tutte senza permesso di soggiorno, in gran parte perso a causa dei cosiddetti decreti sicurezza.

Niente acqua né elettricità. La Caritas per questo aveva acquistato e distribuito 20 minipannelli fotovoltaici che permettevano di avere un po’ di luce e di ricaricare i cellulari. Tutto bruciato. La presenza degli operatori e dei volontari era l’unica, portando cibo e facendo assistenza legale.

Perché tutti lavorano in nero, perché senza permesso di soggiorno non hanno neanche la residenza. E senza residenza non possono neanche avere un contratto regolare, né accedere alla sanatoria. Una situazione totalmente ignorata, addirittura negata, quasi fosse un’offesa per la città. “Ora le fiamme hanno risolto tutto, fanno comodo. Il ghetto è stato sgomberato”, dice amaramente Ramzi Labidi dell’associazione Sabir.

Le baracche erano stare realizzate sotto un ponte

Le baracche erano stare realizzate sotto un ponte - Mira

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