venerdì 19 aprile 2024
L’attivista in carcere a Budapest scioglie la riserva. Tra i dem le grane maggiori, con la segretaria intenzionata a imporre la sua strategia
Ilaria Salis in tribunale a Budapest

Ilaria Salis in tribunale a Budapest - Ansa

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Ameno di due settimane dalla deadline per la presentazione delle liste per le europee (il 30 aprile), restano ancora diversi nodi da sciogliere. Sia a destra, dove si attende che la premier Giorgia Meloni sciolga le riserve (sbloccando a cascata anche la posizione di Antonio Tajani), sia a sinistra, dove le grane sono tutte per la segretaria dem Elly Schlein, che però pare decisa a risolverle in tempo per la direzione nazionale di domenica. C’è poi il caso di Ilaria Salis, la cui candidatura per Avs è stata annunciata ieri, e quello di Roberto Vannacci, delizia di Matteo Salvini e dell’ala nazionalista del Carroccio, ma croce della base “nordi-sta”, sempre più scontenta della deriva sovranista del partito. La decisione sull’insegnante brianzola detenuta a Budapest è stata presa al termine di un piccolo giallo interno ad Avs, dopo un’indiscrezione giornalistica a cui, in un primo momento, sono seguite le smentite di uno dei due leader dell’alleanza, Angelo Bonelli. In serata, però, è arrivata la conferma, affidata a un comunicato congiunto dello stesso Bonelli e di Nicola Fratoianni: «In accordo con Roberto Salis, Avs ha deciso di candidare sua figlia Ilaria nelle proprie liste alle prossime elezioni europee».

Una decisione difficile da decifrare in termini di ritorno elettorale, che potrebbe comportare un rischio, ma anche aiutare a superare la soglia di sbarramento sulla spinta emotiva legata al destino personale della candidata. Da Bruxelles Meloni non nega che «politicizzare» potrebbe rappresentare un problema ma assicura che «il lavoro del governo per lei non cambia». Per quanto riguarda la stessa Meloni, la cui posizione come capolista gioverebbe non poco a Fdi, il giorno decisivo per l’eventuale annuncio potrebbe essere quello del suo intervento alla convention di Pescara (dal 26 al 28 aprile). Il dubbio riguarda la possibilità che il suo nome possa indebolire altre candidature interne al partito, specie quelle femminili, ma lo scoglio potrebbe essere superato schierando i ministri di Fdi come secondi in lista e agevolando così il passaggio dei terzi. Diverso è il caso di Fi, che invece è da tempo impegnata a preparare la battaglia di Bruxelles anche al di là dell’eventuale discesa in campo di Tajani. I nomi di Letizia Moratti e di Renata Polverini, annunciati in pompa magna nei giorni scorsi, ne sono la prova.

Lo stallo più duro, come detto, riguarda invece i dem, ancora in tensione per lo schema proposto dalla segretaria: il cosiddetto “panino”, con il suo nome in testa, quello di un civico esterno al Pd e poi, al terzo posto, un big del partito. Voci vicine al partito vogliono la leader assediata dalle richieste di rassicurazioni da parte di esponenti della minoranza interna. Ma Schlein al momento pare intenzionata a non dare certezze e anche se i confronti con gli esponenti di peso delle varie correnti sono continui, la segretaria sembrerebbe decisa a imporre la sua strategia, magari accontentando i desiderata di qualche eurodeputato uscente e cedendo il passo in una o due circoscrizioni. Tornando alla Lega, e fatta salva la stima per Vannacci che il segretario Salvini continua a ribadire a ogni occasione buona, resta il problema per la circoscrizione isole. Il terremoto giudiziario che ha colpito il vicepresidente della Sicilia, Luca Sammartino, ha lasciato il segno e anche se al momento i nomi previsti sono confermati, non è escluso che più d’uno potrebbe alla fine saltare.

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