mercoledì 5 marzo 2014
«Ru486 fuori dagli ospedali». Al via un’ispezione dell’Aifa.
IL COMMENTO La pillola della solitudine di Francesco Ognibene
INTERVISTA Boscia (Amci): «La verità? Tutelare la donna costa»
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In Toscana sarà presto possibile assumere la Ru486 anche in ambulatorio, andarsene a casa e tornarci due giorni dopo per completare l’aborto assumendo il misoprostolo. È questa un’ipotesi che si sta facendo strada, dopo che il Consiglio sanitario regionale, debitamente interpellato, ha espresso parere favorevole all’aggiornamento del protocollo operativo per l’aborto chimico.Fino ad oggi il protocollo previsto per l’aborto chimico prevedeva tre giorni di ricovero ordinario in ospedale: al primo la donna assume il mifepristone (la Ru486), bloccando così la crescita del concepito, al terzo le prostaglandine, con cui espellere l’embrione. Il nuovo protocollo prevederebbe, invece, il ritorno a casa della donna due ore dopo aver assunto la Ru486. Ed il ritorno in uno dei poliambulatori pubblici «adeguatamente attrezzati» 48 ore dopo. La visita di controllo, dopo circa due settimane dal secondo intervento, potrebbe poi addirittura svolgersi anche in un consultorio.Il parere del Consiglio sanitario regionale è adesso negli uffici dell’assessorato al consiglio alla salute. «Approfondiremo e valuteremo il parere del Csr», fanno sapere dal palazzo fiorentino di via Alderotti. Ma già il solo pronunciamento ha sollevato un polverone, complice una ricostruzione forzata del quotidiano La Repubblica, che ieri titolava «Via libera della Toscana alla Ru486 nei consultori», quando invece i consultori sarebbero coinvolti solo marginalmente e ad aborto – generalmente – avvenuto. Dal ministero della Salute fanno sapere che il ministro Lorenzin sta seguendo da vicino la vicenda e che l’Aifa ha già avviato la raccolta degli atti ufficiali della Regione per stabilire il da farsi.Difende la scelta Antonio Panti, vicepresidente del Consiglio sanitario regionale della Toscana: «Perché costringere una donna ad un ambiente emotivamente coinvolgente e traumatico come un ospedale quando si può somministrare la pasticca in un ambulatorio?». Critico invece Marco Carraresi, consigliere regionale dell’Udc, perplesso sul pronunciamento del Consiglio: «A me pare che, in questo modo, la donna che decide di abortire, sia lasciata ancor più sola». Carraresi ricorda che già oggi nessuno è in grado di garantire che l’espulsione del concepito avvenga nei tre giorni: «In alcuni casi il concepito può essere abortito anche quindici giorni dopo. In altri può essere espulso anche dopo l’assunzione della prima pillola e prima della seconda». Insomma, il ricovero ordinario ospedaliero – che era stato stabilito dalle autorità sanitaria – ha un senso, lasciare la donna andare a casa significa «abbandonarla a sé stessa».Ne è convinto anche Renzo Puccetti, medico, bioeticista, presidente dell’associazione Scienza & Vita di Pisa e Livorno: «Il parere del Consiglio sanitario regionale farà certamente piacere al fronte abortista che ha sempre perseguito il fine di accreditare come un diritto all’autodeterminazione la soppressione di un essere umano innocente». «Siamo di nuovo di fronte al tentativo di smontare la legge 194 per arrivare all’aborto fai da te», gli fa eco Eugenia Roccella (Ncd). Che ricorda come «sia stata l’Aifa a stabilire la necessità del ricovero, necessità ribadita da successive linee di indirizzo ministeriali». Critiche pesati alla proposta toscana anche da Maurizio Sacconi (Ncd).
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