giovedì 30 agosto 2012
​Dopo la condanna da parte della Corte dei diritti dell'uomo il mondo della politica e delle istituzioni si mobilita. Il nostro Paese ha tre mesi di tempo per agire. La decisione definitiva spetta al Consiglio dei ministri. Il ministro Balduzzi: «Il nostro sistema costituzionale è equilibrato».
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Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, intende proporre al Consiglio dei ministri di ricorrere contro la sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, ancora non definitiva, che martedì ha condannato l’Italia per il divieto di diagnosi preimpianto degli embrioni contenuto nella legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Balduzzi ha esplicitato questo orientamento nel corso di una intervista a Radiovaticana, osservando, a proposito dei rischi di una deriva eugenetica, che nel pronunciamento della Corte ci «sono dei passaggi che possono dare luogo a interpretazioni anche molto preoccupanti». Il ministro ha ribadito, peraltro, che «noi abbiamo un sistema costituzionale e legislativo che impedisce quelle deviazioni». In ogni modo si vuole chiarire che «questo sistema e il suo equilibrio abbiano un significato non soltanto per noi, all’interno nel nostro ordinamento, ma che lo abbiano riconosciuto anche nel confronto con l’ordinamento del Consiglio d’Europa». Ed infatti il ricorso è giustificato dal fatto che il bilanciamento del nostro ordinamento «tra la soggettività giuridica dell’embrione, la tutela della salute della madre e di altri valori» è stato considerato dalla giurisprudenza e dalla Consulta «rispettoso dei valori costituzionali coinvolti». «Soddisfazione», nel corso di una conferenza stampa, è stata espressa per la decisione di Balduzzi da parte del Forum delle associazioni familiari e del Movimento per la vita. I leader delle due organizzazioni, Francesco Belletti e Carlo Casini, si sono detti fiduciosi «che a fronte del ricorso italiano, la Grande Chambre di Strasburgo ribalti la sentenza di primo grado come è già successo recentemente sugli stessi temi». Ad esempio il 3 novembre dello scorso anno il Plenum della Corte, rovesciando un pronunciamento di primo grado contro l’Austria, ha definito legittimo il divieto di fecondazione eterologa in vitro, ribadendo l’autonomia legislativa degli Stati in tali materie etiche. La tutela dell’embrione e della vita, ha evidenziato Belletti, «non possono essere superate da sentenze che non rispettano gli usi e i costumi nazionali e le norme che i diversi Paesi si sono date mediante i processi legislativi e democratici». Il presidente del Forum ha lamentato anche la «errata interpretazione» da parte di Strasburgo della legge 194 presa a confronto. Infatti quella norma non consente l’aborto perché il feto è malato, ma solo perché la donna dichiara che è a rischio la propria salute. «È evidente la volontà di punire l’Italia», ha osservato Casini, sottolineando che ancora un volta si dimostra «fondamentale l’iniziativa dei cittadini, denominata "Uno di noi", avviata presso l’Ue, per ottenere, sulla base di quanto previsto dal Trattato di Lisbona, con la raccolta di un milione di firme nei 27 Paesi membri, un pieno riconoscimento giuridico del fatto che l’embrione umano è appunto una persona, "uno di noi", titolare di tutti i diritti». Nell’Udc esplicitano l’apprezzamento al ricorso: il leader Pier Ferdinando Casini, Enzo Carra e Paola Binetti, la quale sottolinea che in questa vicenda è messa a rischio solo la vita dell’embrione. Una scelta «necessaria» il ricorso, secondo Manuela Baio di Api. Nel Pdl esprimono soddisfazione per la scelta di Balduzzi, Maurizio Gasparri, Maurizio Lupi e Alfredo Mantovano il quale ricorda che la corte di Lussemburgo «ha riconosciuto la intangibilità dell’embrione». Per Roberto Formigoni la sentenza è «inaccettabile». Secondo la leghista Laura Molteni «rischia di aprire le porte alla eugenetica». «L’eliminazione degli embrioni malati e il ricorso all’aborto sono casi di uccisione», evidenzia Olimpia Tarzia, presidente di Per. Invece nel Pd, la portavoce della Conferenza delle donne, Roberta Agostini capeggia il coro delle richieste di «cambiare la legge». Il presidente della Camera Gianfranco Fini afferma di condividere la posizione di Giulia Bongiorno (Fli) contraria al ricorso. Comunque il governo deve presentarlo entro il 28 novembre.
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