giovedì 11 dicembre 2014
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Se i diritti umani sono davvero universali dovrebbero valere ancor più per chi può rivendicarli solo con un filo di voce, a causa della propria fragilità legata all’età o alla dipendenza. Anche per questo «il divieto di uccidere deve restare il fondamento molto chiaro della fiducia fra chi cura e i pazienti». È in questo spirito che mercoledì la cordata associativa Soulager mais pas tuer (Alleviare senza uccidere) ha gridato a Parigi la propria profonda inquietudine di fronte a uno scenario in cui le cure palliative rischiano di essere soppiantate da logiche anche subdole di accelerazione della morte.Se l’eutanasia resta proibita si moltiplicano da mesi i segnali preoccupanti, come ricordano i militanti delle 7 associazioni del coordinamento a poche ore dalla consegna all’Eliseo, prevista venerdì, di un nuovo rapporto sul fine vita firmato dal deputato socialista Alain Claeys e dal neogollista Jean Leonetti. Le associazioni hanno protestato di fronte alla Torre Eiffel, sul Foro dei Diritti umani, in occasione della Giornata internazionale a essi dedicata. Accanto al movimento Alliance Vita, non confessionale ma animato da molti cattolici, aderiscono pure due vaste associazioni di portatori d’handicap (100% vivants) e di personale ospedaliero (Convergence soignants-soignés), oltre a un consorzio professionale legato alle cure palliative, un collettivo di studenti del settore medico e paramedico e due sigle di area francofona, di cui una protestante. Il carattere eterogeneo del movimento mostra quanto sia oggi divenuto acuto e trasversale in Francia il timore che il «passo verso l’eutanasia» promesso durante la campagna presidenziale dall’entourage del socialista François Hollande possa stravolgere il fine vita. Dopo aver dato l’impressione di voler puntare sulle cure palliative, Hollande sembra aver fatto retromarcia, come si è denunciato mercoledì a gran voce. Scaduto nel 2012, il precedente programma nazionale di finanziamenti sulle cure palliative varato dall’ex presidente Nicolas Sarkozy non è stato rinnovato. E ora, in vista di un nuovo progetto di legge sul fine vita previsto per l’anno prossimo, alcuni dirigenti socialisti sono usciti allo scoperto dichiarandosi favorevoli all’eutanasia e al suicidio assistito: primo fra tutti Claude Bartolone, l’attuale presidente dell’Assemblée nationale, la camera bassa che detiene gran parte del potere legislativo.Le tre rivendicazioni principali di Soulager mais pas tuer sono correlate: sbarrare la strada all’eutanasia e salvare le cure palliative, in modo da difendere la dignità degli anziani, dei portatori d’handicap e di ogni altra fragilità umana su cui incombe l’ombra dell’abbandono terapeutico, come denuncia la cordata. Non a caso, il padrino del movimento è Philippe Pozzo di Borgo, ex uomo d’affari divenuto tetraplegico negli anni Novanta a causa di un incidente, la cui storia è ormai famosa nel mondo intero grazie al successo del film Quasi amici (Intouchables), visto solo al cinema da 54 milioni di persone. La rete associativa chiede 500 milioni di euro in 5 anni per le cure palliative in Francia, ma il governo guarda altrove. Fra gli autori del rapporto che viene consegnato venerdì, Claeys e Leonetti, ci sarebbe dissenso su molti punti, col rischio che si rompa in Francia lo spirito bipartisan che nel 2005 aveva propiziato l’attuale legge-quadro sul fine vita col nome proprio di Leonetti, considerata come un buon compromesso sul duplice rifiuto dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico. A rompere l’equilibrio potrebbe essere adesso la nozione di «sedazione profonda e terminale fino al decesso» (così definita da Claeys), considerata da Soulager mais pas tuer come un grimaldello per introdurre di fatto l’eutanasia in modo subdolo e non dichiarato. Sulla volontà dell’esecutivo di andare oltre sembra pesare anche un tacito ricatto del Partito radicale di sinistra, formazione satellite dei socialisti che minaccia da tempo di uscire dal governo e per la quale l’eutanasia è un cavallo di battaglia.
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