mercoledì 14 novembre 2012
Diritto a non nascere «se non sani?». Giuristi all’attacco. La Cassazione ha disposto il risarcimento a una coppia non informata dai medici del fatto che la figlia era affetta da trisomia 21 La critica degli esperti: «Si è detto alla bimba che vale meno degli altri».
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«È una decisione che crea una sorta di diritto a non nascere se non sani». Usa queste parole, un gruppo di giuristi italiani, per criticare la sentenza della Cassazione che ha riconosciuto un risarcimento a una coppia non informata dai medici del fatto che la propria bambina era affetta da sindrome down.Tra i partecipanti del convegno «La dignità dell’uomo tra diritto dell’Unione Europea e diritto interno» (promosso lunedì dall’Ufficio d’informazione in Italia del Parlamento europeo), Fabrizio Criscuolo (Università della Calabria), Roberto Nania (Sapienza Università di Roma), Mauro Orlandi (Università di Roma Tor Vergata).Al centro del dibattito, la vicenda del risarcimento imposto alla Sapienza di Roma a favore di una coppia perugina. Per la Cassazione la madre non era stata informata correttamente «della oggettiva inaffidabilità dell’esito della funicolocintesi e quindi sulla necessità di ripetere l’esame entro e non oltre la 24esima settimana», termine entro il quale avrebbe potuto scegliere l’aborto terapeutico.In sostanza, commenta Alberto Gambino, professore di diritto civile all’Università Europea di Roma, «si risarcisce la bambina down perché è nata. Le si danno dei soldi, dicendole al tempo stesso che la sua vita non vale come quella degli altri».Infatti, è stato spiegato al convegno, il «problema» non rilevato dai camici bianchi, «trattandosi di malformazione congenita, poteva essere evitato solo con la "non nascita" della bambina».Così, secondo gli esperti intervenuti all’Università Europea di Roma, la sentenza è «in totale distonia con la ricchezza umana, sociale e solidale di quanto avviene quotidianamente nelle relazioni interpersonali con persone portatrici di sindrome di down, con l’effetto di una deriva giuridica in ordine al valore della vita disabile».La stessa Corte di Cassazione, afferma il documento conclusivo, «ha snaturato il ruolo della tutela risarcitoria da strumento di protezione delle persone e del loro patrimonio, con compiti impropri che rischiano di comprimere il valore umano e sociale della vita delle persone con disabilità entro limiti angusti». Al termine dei lavori una delegazione composta dai professori Alberto Gambino, Filomena Santagada e Filippo Vari ha consegnato la relazione ai parlamentari europei Gianni Pittella (Pd), Mario Mauro (Pdl) e Carlo Casini (Udc). L’obiettivo? Far emergere la distanza tra il principio della sentenza e i valori della Convenzione Onu sui diritti dei disabili, ratificata dall’Unione Europea nel 2009.
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