martedì 23 agosto 2016
CHIEVO STORY Due gol per ripartire
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 La sveglia di mister Zhang era suonata all’alba di domenica mattina a Nanchino. Ai suoi nuovi lavoratori subordinati dell’Inter, che si aggiungono agli altri 13 mila del gruppo, l’aveva annunciato: «È arrivato finalmente questo inizio di stagione 2016-2017, siamo pronti per la prima sfida di campionato, che tutti noi attendiamo con emozione. Guarderò la gara in tv e con me tutti i dipendenti di Suning, come una grande famiglia». E se ai tifosi nerazzurri si era presentato con un «Fozza Inda», quale parola, al triplice fischio finale, avrà accostato al Chievo, piccola squadra di un quartiere da 4500 abitanti di Verona che ha abbattuto l’Internazionale per due reti a zero? Se per l’Inter il Chievo è una cartina di tornasole, per l’Italia non è più un’eccezione come raccontava il libro Fenomeno Chievo di Marco Vitale e Gian Paolo Ormezzano uscito ai tempi del primo approdo in serie A. Se in questa società dobbiamo identificare il fenomeno, va cercato dietro una scrivania. Lo ha sottolineato il team manager Marco Pacione: «Campedelli è una grandissima persona, un presidente unico che ha sempre amato la sua squadra e tutti quelli che operano vicino a lui. È lui il fenomeno del Chievo». Dal 2001 il Chievo è stato per 15 anni in Serie A, ha giocato le coppe europee e inaugurato impianti sportivi. Come il Bottagisio, il nuovo centro gestito in sinergia con il Canoa Club Verona in cui si può praticare calcio, canoa e scherma. In una perfetta simbiosi olimpica. Un presidente tifoso dell’Inter, Campedelli, che nel 1992, a soli 23 anni, alla scomparsa del padre Luigi, raccoglieva una doppia eredità: la Paluani, azienda di famiglia di prodotti dolciari, e la presidenza calcistica. E che il 4 giugno 2001, giorno della promozione, disse: «Per me è come se fosse un sogno, quando mi sveglierò vi saprò dire». Un sogno a occhi aperti che vive di ricette semplici: «Mio padre diceva: “Il pandoro non può mangiare il calcio” e io con- tinuerò su questa strada. L’occhio al bilancio sarà attento. Giovani validi e giocatori motivati da rigenerare saranno i nostri obbiettivi». I clivensi si affacciano sul grande palcoscenico nella stagione 2001/02. In panchina c’è il friulano Gigi Delneri che spinge con il suo sistema di gioco brillante la squadra oltre gli alti ostacoli. Si schiera con un classico 4-4-2 ma adotta soluzioni difensive orientate al fuorigioco e al pressing offensivo. Alla prima giornata il Chievo batte la Fiorentina fuori casa e raggiunge, il 21 ottobre 2001, persino la testa della classifica rimanendoci per tutto il mese di novembre. Il 16 dicembre entrano in smoking alla Scala del calcio contro l’Inter dei fenomeni Ronaldo e Vieri e di mister Cuper che si giocherà fino al 5 maggio lo scudetto con la Juventus. Un Inter che ha perso da pochi giorni l’avvocato Prisco perderà anche in campo: Corradi e Marazzina rendono inutile il gol di Vieri. A fine stagione il Chievo sarà quinto e giocherà in Coppa Uefa. L’Europa dura il tempo di una Stella Rossa, ma dopo lo scandalo Calciopoli e le sentenze della Corte Federale del 2005/06 il Chievo prova l’ebbrezza dei preliminari di Champions League. Cosa chiedere di più? Il ritorno in serie B, non altro che un piccolo inciampo, accade nel 2007. Il 26 maggio 2008, guidati dall’ascolano Beppe Iachini, si risale. Campedelli è piegato dall’emozione sul lettino degli spogliatoi: faccia bianca e orecchie paonazze. Indossa la maglietta dell’Ordine delle lame scaligere, una società di scherma medioevale a cui è iscritto. Sulla schiena, un motto d’altre epoche: “Memento audere semper” (Ricorda di osare sempre). E si osa, ancora, quando l’Inter, sempre guidata da un allenatore straniero, Rafa Benitez, incaricato come Atlante di portare il peso del mondo Mourinho, è infilzato al Bentegodi. È il 21 novembre 2010 e i nerazzurri cadono sotto i gol di Pellissier e Moscardelli. Eto’o segna ma perde la testa e colpisce “alla Zidane” Cesar. L’Inter vince il Mondiale per Club ma Benitez è esonerato. Oggi sulla panchina del Chievo è seduto il trentino Rolando Maran, già difensore-capitano dal 1986 al 1995. Il 19 ottobre 2014 aveva sostituito l’esonerato Eugenio Corini e raggiunto la salvezza. Ha chiuso la scorsa stagione con un nono posto in classifica che rimarca il suo lavoro, «forse la vera sorpresa siamo stati noi, non il Sassuolo. Siamo due piazze simili ma con realtà economiche diverse». Un allenatore che non si sente sottovalutato ma soddisfatto del percorso compiuto, «se ho raggiunto la A tardi vuol dire che l’ho meritata solo ora. Non ho mai capito la fretta di fare tutto e subito. Serve gradualità, sbagliare ti aiuta, perché gli errori ti fanno crescere». Domenica gli sono bastati quindici minuti di studio per adattarsi alla difesa a tre schierata dall’olandese Frank De Boer, e trafiggerla due volte con Birsa. Così l’olandese ha subito toccato con mano l’abilità tattica della “provincia”. «Loro – ha detto Maran – rappresentano il calcio di oggi, un’altra dimensione rispetto al nostro. Penso che il Chievo, ma soprattutto il suo presidente, siano l’immagine di un calcio più identitario, certamente diverso da quello dell’Inter». Clivensi, non cinesi.
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