sabato 23 aprile 2016
​L'economista: insieme al super euro costato all'eurozona 26 milioni di disoccupati.
La leadership tedesca e il conflitto d'interesse (Giorgio Ferrari)
Baldassarri: rivedere trattato di Maastricht
COMMENTA E CONDIVIDI
Mario Baldassarri, già vice-ministro dell’Economia e presidente del centro studi Economia reale, definisce «ottuse e teoricamente infondate» le posizioni anti-Draghi assunte negli ultimi tempi da «taluni soloni tedeschi» (a meno, aggiunge, che «non siano loro a voler rompere l’euro e l’Unione... »). E addita i «due grandi errori delle politiche europee che stiamo patendo, da un lato quella monetaria dall’altra di bilancio. Quindi Bce e Maastricht». Quali sarebbero tali errori? Premesso che la provvidenza divina ci ha mandato Draghi, altrimenti l’euro sarebbe già saltato, il primo problema è stato il super-euro avuto per anni fino qua- si a sfiorare 1,60 sul dollaro, come effetto della linea tenuta dal suo predecessore, il francese Trichet, che aumentò i tassi d’interesse in Europa mentre gli Usa li diminuivano. L’altro errore, clamoroso per la teoria economica, è insito nel Trattato di Maastricht, che non ha mai distinto fra spesa corrente e per investimenti. Quanto ci sono costati? Secondo le stime del mio centro studi, all’intera eurozona la super moneta unica è costata dal 2003 al 2014 l’11% di Pil in meno e 18 milioni di disoccupati in più. A rimetterci di più sono state le due maggiori economie manifatturiere, Germania e Italia. Anche se, malgrado ciò, Berlino matura da anni un surplus enorme nella bilancia dei pagamenti oltre 220 miliardi annui che è la vera anomalia di questa Ue. A questo si aggiunge il costo della stupidità di Maastricht, che ha spinto tutti i governi a cercare di azzerare il deficit aumentando tasse e tagliando investimenti. Qui abbiamo perso altri 8 milioni di occupati e il 5% di Pil. Dati eloquenti. A quali conclusioni portano? La crisi europea è dovuta unicamente agli errori europei, indipendentemente da quanto accaduto nel resto del mondo. In fondo l’Europa è una grande economia chiusa, dove ciò che conta è soprattutto la domanda interna. Quale dovrebbe essere il prossimo passo? Draghi non ha danneggiato nessuno ma non basta più, la politica monetaria ha esaurito le cartucce. È urgente dare una reinterpretazione non stupida dei Trattati, visti i risultati disastrosi. Il 2016 è l’anno buono perché anche Berlino è in frenata. Come valuta l’ipotesi del tetto ai titoli di Stato? È un’ulteriore follia, la prova che è l’agenda europea a essere sballata. Perché è così difficile cambiare agenda? Ci vorrebbe un’iniziativa politica forte, che vada oltre l’andare a Bruxelles a fare piagnistei sulla flessibilità. Il 3% di deficit andrebbe consentito solo per fare investimenti e prevedendo magari un premio per ogni punto di avanzo di parte corrente realizzato dai governi. Ricordiamo che anche metà del debito pubblico accumulato in un decennio in Europa è dovuto agli stessi errori. Il guaio è che non ci sono più veri leader, Merkel a parte che però deve barcamenarsi anche lei con i 'suoi' in Germania. Così, a fronte del finto rigore contabile, i governi nazionali sembrano studentelli balbettanti che tirano fuori dati come quelli del Def. Cosa c’entra il Documento di economia? In primo luogo mi faccia dire che se ne parla quando il testo non c’è e poi viene ignorato. Ciò detto, l’ultimo Def poggia su due previsioni sballate. La prima è la crescita, indicata all’1,2% nel 2016, all’1,4 nel 2017 e all’1,5 nel 2018, quando se facciamo l’1% quest’anno è grasso che cola. La seconda è l’inflazione perché, per 'gonfiare' la crescita nominale del Pil, si è scritto che sarà all’1% quest’anno, all’1,4% nel 2017 e all’1,7 nel 2018. Numeri che non stanno né in cielo né in terra. Lo si è fatto solo per far vedere che si riduce il rapporto debito/Pil. Il problema, però, è che a oggi non scende. E a questi ritmi la disoccupazione non rientra fino al 2025. È un quadro a tinte fosche... Il rischio debito aggiunge un elemento nazionale a un quadro già pieno di fibrillazioni, dalla Brexit alla vicenda greca che non è stata risolta ed è esemplare dell’Europa che non c’è. Se a giugno sarà Brexit, le iene speculative andranno ad attaccare l’animale più debole del branco, cioè l’Italia. Come si spiega questa condotta della Germania? Ripeto: dal punto di vista tecnico-empirico, la loro linea non ha ragione alcuna. Sono convinti che valga ancora Tolomeo e non hanno scoperto Copernico, ovvero credono ancora che controllando la quantità di moneta si controlli l’inflazione, mentre nel mondo nuovo a determinarla sono i cinesi coi loro bassi costi. Tanto che ora in Europa c’è il problema opposto della deflazione, d’altro canto pensano che con deficit zero l’economia cresca da sola. E poi hanno questo retaggio storico ben analizzato dall’ex governatore Fazio: l’errore pre-keynesiano che l’economia di mercato libera da vincoli raggiunge sempre la piena occupazione. C’è bisogno invece di una diversa politica economica. Ora, poi, Berlino punta anche a prendersi la presidenza della Bce nel post-Draghi. Politicamente dà loro fastidio che ci sia un italiano rigoroso e capace che dimostra l’errore della linea tedesca. Per fortuna Angela Merkel non ha una visione così oltranzista. Forse perché è allieva di Kohl e non può dimenticare ciò l’ex leader disse una volta a Francoforte, a un congresso di banchieri: «Voi economisti non avete capito niente. Io devo fare la riunificazione e portare la Germania in Europa per evitare che l’Europa diventi germanica». Ora guardiamo la Storia: per millenni il paradigma è stato 'chi perde paga'. Dopo l’ultima guerra mondiale si è rovesciato il principio: col piano Marshall a pagare fu chi vinse e l’Europa ha avuto la pace per 60 anni. L’Europa, trainata dalla Germania, rischia adesso di riportarci indietro nella storia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: