venerdì 5 luglio 2013
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Il più duro nel condannare la rimozione di Mohamed Morsi è il governo turco: un colpo di stato militare «inaccettabile». Il più entusiasta – segno anche questo di una contrapposizione a tutto campo con Ankara – è da Damasco Bashar el-Assad: un «grande risultato che segna la fine dell’islam politico», ha concluso il rais.I Fratelli musulmani sono al bando in Siria dal 1980 mentre l’Akp del turco Erdogan può essere considerato il partito di governo più vicino a quello che sosteneva Morsi. Non a caso ieri il presidente turco ha convocato in tutta fretta un vertice d’emergenza con esponenti del governo e leader di punta del suo partito.Ma “Tahrir 2” divide, come una linea di faglia, il Mediterraneo con Paesi arabi favorevoli alla svolta e Paesi europei cautamente critici. Una duplice interpretazione su cui si staglia il "silenzio assordante” di Israele. Nessun commento da Gerusalemme che aveva comunque visto riconfermato da Morsi – in realtà piuttosto freddo con il vicino israeliano - il trattato di pace del 1979.La svolta di mercoledì in Egitto, che ha messo in un angolo i Fratelli Musulmani e portato alla presidenza Adly Mansour, provoca i rallegramenti degli Emirati Arabi Uniti e del Kuwait, mentre il Qatar esprime «rispetto per la volontà del popolo egiziano». Congratulazioni al nuovo presidente ad interim egiziano giungono pure dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen. Solo il partito islamico al potere in Tunisia, Ennahda, condanna con decisione «il golpe contro la legalità» mentre il presidente Marzouki esclude il rischio di un contagio.Toni più preoccupati, inviti alla moderazione e una “felpata” condanna sulla sponda settentrionale del Mediterraneo. L’alto commissario Ue per la politica estera, Catherine Ashton, ha invitato «tutte le parti» in Egitto a «tornare rapidamente al processo democratico» ricordando i prossimi appuntamenti elettorali. L’invito alla nuova amministrazione egiziana è di coinvolgere tutta la società e di assicurare i «diritti fondamentali, libertà e Stato di diritto». Più sfumato il segretario della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che preferisce «non etichettare» quello che è accaduto in Egitto ma invita a «rafforzare la democrazia al più presto».Londra, ha affermato il ministro degli Esteri britannico Hague, collaborerà con «chiunque è al potere in Egitto», tuttavia il Foreign Office «condanna ogni intervento militare in un sistema democratico». Ancora più netto il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, che ha definito il golpe militare «un grande passo indietro per la democrazia in Egitto» e ha lanciato un invito «al dialogo e al compromesso politico». Come d’abitudine in questi ultimi mesi, il più aggressivo è stato il presidente francese François Hollande: la situazione in Egitto, ha dichiarato ieri durante una visita in Tunisia, è una duplice sconfitta: «È un fallimento quando un presidente eletto democraticamente come Morsi viene deposto, è un fallimento quando una popolazione si solleva, con milioni di persone, per chiedere la fine di un mandato di un presidente eletto» democraticamente. L’auspicio di Parigi è che ora l’esercito sappia organizzare elezioni inappuntabili quanto a «pluralismo e libertà di stampa».Sorniona e un poco defilata la Russia: il ministero degli Esteri ha esortato tutte le forze politiche a «dare prova di moderazione» e ad astenersi da ogni forma di violenza tenendo conto degli interessi nazionali. Interessi che si ripercuoteranno inevitabilmente su entrambe le sponde del Mediterraneo.
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