martedì 10 giugno 2014
Le persone soccorse confermano agli inquirenti che sulle coste libiche sono decine di migliaia quanti attendono di poter salpare.
I medici soccorritori: «Serve corridoio umanitario»
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La questione degli immigrati nel Mediterraneo non è un problema che l’Italia può affrontare da sola». Quello arrivato ieri dall’Onu non è solo un appello. È un implicito atto d’accusa all’Unione Europea. Per la prima volta, infatti, dal Palazzo di Vetro un portavoce fa riferimento alla «solitudine» dell’Italia, costretta a sopportare «un peso enorme nonostante si tratti solo un punto di entrata». Per questo «non può esserci solo una risposta nazionale – ha insistito un portavoce della segreteria generale –, ma serve una risposta internazionale».Poco prima veniva aggiornata la contabilità delle vittime: tre affogati e due dispersi. Una giornata di ordinaria emergenza corredata da un episodio che può aver aggravato il bilancio. Al largo delle coste libiche un gommone con 105 persone a bordo è stato avvicinato da una motovedetta maltese. Prima hanno passato i giubbetti salvagente agli immigrati. Poi se ne sono andati. «Avevamo un’altra emergenza», così si sono giustificati dalla motovedetta maltese allontanatasi poco prima che il gommone si rovesciasse. Tre persone, come si vede in un filmato girato dall’equipaggio della nave cisterna intervenuta per tentare il trasbordo, sono morte perché trattenute sott’acqua proprio dal natante che si era ribaltato. Poco prima durante un altro tentativo di trasbordo stavolta vicino alle coste sicialiane due persone erano cadute in mare. «Sono certamente annegati», ha detto il comandante del cargo che aveva tentato di salvare tutti e 227.In Sicilia ieri ne sono arrivati 980, mentre altri 1.300 sono stati dirottati con la nave Etna a Taranto. Volontari e autorità sono allo stremo. Anche di questo parleranno oggi il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e il presidente dell’Anci, Piero Fassino, in rappresentanza dei comuni italiani. Come osserva Carlotta Sami, portavoce in Italia dell’Acnur, siamo «in una situazione difficile, strutturale». Da gennaio sono sbarcatiin 52 mila. In tutto il 2013 si era arrivati a 43mila. Tutti i sopravvissuti assicurabo che sono decine di migliaia le persone in attesa di salpare dalla Libia.Quando nel porto mercantile di Taranto è approdata la nave Etna, tra i 1.400 immigrati sono sbarcati decine di bambini, in maggioranza siriani e sudanesi. Molti i nuclei familiari, donne incinte, anziani ed almeno una decina di neonati. Il capoluogo ionico li attendeva e così sono stati smistati in un palazzetto dello sport e in varie strutture dismesse. Il 118 si è occupato di una prima assistenza. Quattro i ricoveri in ospedale. Sono stati riscontrati anche sei casi di scabbia. Poi colpi di calore e disidratazione diffusa.Tra i medici impegnati in prima linea c’era anche il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, che in qualità di pediatra ha visitato personalmente i più piccoli. La macchina dei soccorsi ha funzionato. Taranto già l’11 maggio scorso aveva accolto dei profughi, ma c’era stata qualche difficoltà. «Stavolta ci siamo preparati al meglio e siamo pronti ad accogliere altri migranti che potrebbero arrivare durante l’estate», ha assicurato il primo cittadino. Mentre i migranti venivano smistati tra i vari centri di prima accoglienza, sulla rete iniziava il tam tam della solidarietà. Un gruppo di cittadini ha costituito su Facebook un coordinamento aiuti, riferimento per chi avesse voluto offrire il suo contributo. Così in tempo reale si è saputo cosa serviva e dove. Tanti tarantini si sono recati spontaneamente nei centri, con generi di prima necessità e vestiti. Altri si sono dati da fare come volontari. L’amministrazione comunale ha poi provveduto al pranzo. Nel tardo pomeriggio gli autobus delle tratte cittadine hanno prelevato i profughi per portarli in stazione. La destinazione della maggior parte di loro resta il Nord Europa. Solo in 300 hanno deciso di restare in città.
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