venerdì 30 gennaio 2015
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È presto, troppo presto per cantare vittoria e pensare che la crisi sia alle spalle. Ma l'aumento di oltre 93mila occupati nel dicembre sorso rispetto a novembre (109mila in un anno) è certamente una buona notizia, di quelle capaci di infondere un po' di fiducia.

La rilevazione dell'Istat non dice di più su dove questi posti di lavoro si siano creati e a quali condizioni. Sappiamo che purtroppo non riguardano molto i giovani (meno 7mila gli occupati). Ma per spiegare la "fiammata" è possibile immaginare che si siano saldati tre fattori. Il primo è quello della stagionalità: nel commercio e nei servizi molti imprenditori hanno cercato di sfruttare il periodo natalizio aumentando l'offerta e di conseguenza hanno assunto personale temporaneo.

Il secondo fattore è quello dell'accresciuta forza del nostro export, grazie al calo dei costi energetici e al deprezzamento dell'euro: è probabile che il settore industriale ne abbia approfittato per aumentare la produzione richiamando persone dalla cassa integrazione e procedendo a qualche assunzione con contratto a termine (liberalizzato) o attraverso la somministrazione.

Il terzo è quello più incerto, per ora forse più un auspicio che non un dato di fatto, ma sul quale potrebbe valere la pena di scommettere. L'idea cioè che la crisi economica abbia veramente toccato il fondo e le condizioni internazionali siano in questo momento le migliori per rilanciare gli investimenti, assumere e provare sul serio a ripartire.

Dai dati di gennaio e soprattutto da quelli di febbraio e marzo, quando entreranno a pieno regime anche le modifiche sul mercato del lavoro oggi ancora nel limbo, capiremo se davvero questa è la (s)volta buona.

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