martedì 14 gennaio 2014
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Quale programma, oggi, per una sociologia del cattolicesimo? Se la domanda merita di essere posta, è perché la risposta è lontana dall’essere evidente, anche per coloro i quali dedicano molto del loro tempo e della loro energia intellettuale all’analisi delle evoluzioni contemporanee della costellazione cattolica.Certo, è sempre possibile – e indiscutibilmente utile – esplicitare la descrizione delle differenti incarnazioni del cattolicesimo su scala planetaria e rintracciare il contrasto di situazioni e di dinamiche politiche, sociali e culturali che pluralizzano – sembra addirittura all’infinito – questo «mondo» che è la Chiesa cattolica. Resta prezioso, per capire le mutazioni contemporanee delle forme di religiosità, continuare ad esplorare, al di là della diminuzione constatata riguardo al rispetto dei precetti, le nuove espressioni della partecipazione cattolica e le modalità inedite di comunità che vi corrispondono.La conoscenza delle configurazioni della religione cosiddetta «popolare» e delle pratiche informali del cattolicesimo vissuto continuano ad essere indispensabili per evitare di bloccare l’analisi della sfera cattolica alla sola declinazione degli interventi normativi e delle prese di posizioni del magistero in materia dogmatica, etica o politica, e/o nel solo inventario, indefinitamente ripreso, dei conflitti ideologici, filosofici e politici che continuano ad opporre l’istituzione cattolica alla modernità. Nei Paesi inscritti – come è il caso della Francia ma anche di altre regioni d’Europa o dell’America del Nord – in una matrice di civilizzazione cattolica che è durevolmente resistente alle dinamiche politiche della laicizzazione e anche alle mutazioni culturali della secolarizzazione, siamo ancora lontani dall’aver completato del tutto l’analisi del processo di quello che ho definito in alcuni miei lavori l’exculturation che sottintende, nelle diverse Chiese, l’emergere recente della coscienza di essere minoranza. In breve, una sociologia delle logiche interne del cattolicesimo continua, mi pare evidente, ad aver pienamente il suo posto nel paesaggio di una sociologia della contemporaneità religiosa. Si può d’altra parte deplorare il fatto che troppo pochi giovani ricercatori, interessati alla sociologia dei fatti religiosi contemporanei, si impegnino in questo inesauribile campo di ricerca. Il sentimento di bizzarria che ispira l’oggetto di studio che è il cattolicesimo – considerato a volte banale, vagamente famigliare, portatore (eventualmente) di qualche riferimento e ricordo lontano, e, allo stesso tempo, esotico, strano o finanche assurdo – spiega senza dubbio, da un lato, questa assenza di attrazione.Non ignoriamo il fatto che un interesse personale, presente o passato, per le sorti della Chiesa, debitamente trasformato in desiderio di conoscenza, abbia contribuito ad innescare più di una vocazione alla sociologia del cattolicesimo tra le generazioni precedenti: un tal desiderio appare oggi decisamente ristretto tra i ricercatori che si decidono ad esplorare la complessità della scena religiosa contemporanea. Che si parli loro dell’islam, delle passioni identitarie che esso alimenta e dei confronti con la modernità secolarizzata globalizzata! Che si parli loro del buddismo e delle ricerche di senso che esso traina tra i suoi nuovi adepti in Occidente! Che si racconti loro dei riverberi emotivi dei nuovi pentecostalismi, dei cosiddetti movimenti magici, o ancora delle nuove pratiche della guarigione spirituale! Ai loro occhi vi è in questo caso più materia per la riflessione riguardo ai paradossi religiosi della modernità recente. Ma il cattolicesimo?Bisogna capire di quale potenza di cambiamenti, ad intra e ad extra, è ancora portatrice questo «vecchio arnese» rispetto alla ripetizione indefinita di un discorso normativo e disciplinare non mutato, disperatamente opposto alla voga senza precedenti di una contestazione che sembra attentare perfino alla rispettabilità stessa dell’istituzione e che mina la plausibilità del magistero etico che essa rivendica di esercitare.Bisogna dunque, per entrare in un’intelligenza rinnovata dal confronto della Chiesa con la modernità culturale, rinnovare anche le linee di osservazione di questo confronto. Esempi? La letteratura poliziesca, l’ambiente artistico o l’incontro di nuovi ambiti mediatici o editoriali con la conoscenza biblica.C’è da affrontare una sfida teoretica: quella di dimostrare la pertinenza che riveste l’analisi delle trasformazioni del cattolicesimo e delle sue forme di istituzionalità, e quelle degli sforzi di adattamento delle categorie fondatrici del suo proprio discorso per chiarire, in maniera inedita, le mutazioni sociali, culturali e politiche che ridisegnano il paesaggio globale della modernità. Questo approccio permette di conoscere gli spostamenti che lavorano a riconfigurare i fondamenti di un ordine politico uscito dall’Illuminismo, alle prese oggi con le questioni completamente rinnovate della definizione del vivente e dei rapporti tra natura e cultura, o con quelle che procedono dalla sostituzione, che colpisce tutte le relazioni umane, della logica del contratto alla logica del «dato dall’alto» delle istituzioni, comprese le istituzioni secolari. (traduzione di Lorenzo Fazzini )
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