lunedì 3 dicembre 2012
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​Occhio non vede, cuore non duole». È vecchio come il mondo ma (purtroppo, in questo caso), questo adagio popolare non passa mai di moda, perché c’è sempre qualcuno pronto a rispolverarlo. E non solo a parole. «Li sotto troviamo di tutto – spiega Francesco Maurano, referente del progetto “Puliamo il buio” per conto della Società speleologica italiana –: dai calcinacci delle demolizioni edili alle bottiglie di plastica, dai residui di vernici ai copertoni di auto, dalle carcasse di animali macellati illegalmente ai rifiuti speciali altamente inquinanti». Lo sanno bene i volontari che, da otto anni ormai, dedicano tre giornate alla ripulitura di grotte e anfratti naturali, trasformati in vere e proprie discariche. Dal 2005 ad oggi, gli esperti della Società speleologica italiana, che promuovono le giornate in collaborazione con Legambiente nell’ambito della campagna “Puliamo il mondo”, hanno recuperato e avviato a discarica autorizzata 130.817 chili di materiale, impiegando complessivamente 2.883.369 uomini-ore di lavoro.Appunto: qual è il rischio ambientale che si cela dietro questo traffico illecito di rifiuti?È altissimo. Basti pensare alle quantità di metalli pesanti che possono finire nelle falde acquifere e nelle sorgenti carsiche. Per non parlare del deturpamento estetico delle grotte, spesso irrimediabilmente danneggiate.Che cosa c’è dietro questo malcostume?Soprattutto pigrizia e ignoranza. Buttiamo rifiuti ovunque senza pensare che, prima o poi, ci torneranno indietro. Magari nell’acqua del rubinetto di casa.Non avete mai avuto il sospetto che c’entrasse anche la criminalità organizzata?Francamente no. Teniamo anche conto che noi operiamo in zone difficilmente raggiungibili, dove non si può arrivare con i camion a scaricare. Ci siamo rivolti alla magistratura solo quando abbiamo rinvenuto materiale bellico inesploso.Qual è il materiale più “strano” che vi è capitato di trovare?Una volta abbiamo recuperato carcasse di bovini con le orecchie tagliate, per fare sparire i tatuaggi di riconoscimento. Quasi sicuramente si trattava di vacche malate e non più vendibili sul mercato. Così sono state macellate e smaltite a “costo zero”. Non per l’ambiente, naturalmente. Si pensi soltanto al danno per l’ecosistema provocato da centinaia di chili di carne in putrefazione...Le grotte-discarica sono un fenomeno recente o datato?Purtroppo è una cattiva abitudine che si perde nel tempo. Anni fa, sull’Appennino Matese, in Campania, abbiamo trovato carcasse di animali fossilizzate. I corpi si erano concrezionati con la calcite. Quella grotta si chiama Muriaturo, che significa “Pozzo della morte”, dove si buttavano i cani vecchi e malati. Alcuni con ancora il collare e la catena attaccati.Che cosa fanno le amministrazioni locali per combattere questi abusi?In questi anni abbiamo verificato che, nelle zone dove interveniamo, la situazione migliora sensibilmente. I Comuni, che informiamo sulle nostre attività, aumentano i controlli e cercano di fare prevenzione attiva sul territorio.E a livello di cultura, cosa si può fare per cambiare questa mentalità menefreghista?Da qualche anno abbiamo intensificato i nostri interventi nelle scuole. Crediamo che si debba cominciare dai più piccoli, i cittadini di domani, facendo conoscere loro le bellezze del territorio e anche le sue fragilità. A volte invitiamo le classi ad assistere ai nostri interventi. Quando vedono che cosa tiriamo fuori dalle grotte restano molto impressionati. La speranza è che non se lo dimentichino la prima volta che devono smaltire i copertoni del motorino.
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