"Il caso non è affatto chiuso. Non c'è alcun elemento certo che confermi che siano stati loro". Investigatori e inquirenti italiani impegnati nell'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni sollevano diversi dubbi sulla
svolta arrivata dall'Egitto, ricordando che nonostante siano passati due mesi dalla scomparsa del ricercatore, le autorità italiane sono ancora in attesa di ricevere dal Cairo alcuni documenti e atti dell'inchiesta egiziana, ritenuti fondamentali. Fonti di palazzo Chigi fanno sapere che il governo segue da vicino gli sviluppi della vicenda Regeni, sottolineando che il governo continua a essere determinato affinché le indagini in corso facciano piena, totale luce sulla morte del giovane.
Sono almeno tre le incongruenze nella
ricostruzione del Cairo, secondo inquirenti e investigatori.
1° DUBBIO: il ritrovamento dei documenti. Il
primo dubbio è legato proprio al ritrovamento dei documenti di
Regeni: non è credibile, sottolineano fonti qualificate, che una
banda di sequestratori e rapinatori abbia conservato per mesi
passaporto e telefoni, con il rischio concreto di essere
scoperti. Chiunque se ne sarebbe liberato all'istante. Il
sospetto, dunque, è che quei documenti siano stati conservati da
qualcun altro per poi farli saltare fuori al momento opportuno.
2° DUBBIO: i segni di una lunga tortura. Un altro punto che lascia molti dubbi è legato alle sevizie
riscontrate sul corpo di Giulio e confermate anche dall'autopsia
egiziana consegnata agli inquirenti italiani: perché una banda
che aveva come unico obiettivo quello di rapinare Regeni lo
avrebbe torturato per almeno una settimana?
3° DUBBIO: l'uccisione dei rapinatori/assassini. Così come non è credibile, secondo le nostre autorità, la
vicenda del conflitto a fuoco in cui sono morti tutti coloro che
in qualche modo avrebbero potuto fornire informazioni utili.
Allo stato, inoltre, non c'è una sola prova accettabile dal
punto di vista processuale che consenta ai nostri investigatori
ed inquirenti di avere elementi che riconducano l'omicidio del
ricercatore ai rapinatori uccisi ieri.
2 RICHIESTE INEVASE. A oggi l'Egitto non ha ancora risposto a due
richieste ritenute fondamentali dagli inquirenti italiani: la consegna di tutte
le
immagini delle telecamere della zona dove abitava Giulio e delle
due stazioni della metropolitana che avrebbe dovuto utilizzare
la sera della scomparsa (che gli egiziani dicono essere state
cancellate o non utili ma che i nostri investigatori vogliono
comunque visionare) e la consegna dei
tabulati con l'elenco dei
telefoni che il 25 gennaio hanno agganciato la cella che copre
la zona dove abitava il ricercatore e di
quelli contenenti i
cellulari che il 3 febbraio hanno impegnato la cella dove è
stato ritrovato il cadavere di Giulio. "Dobbiamo continuare a scavare seguendo le nostre piste per trovare prove certe e fugare i dubbi" dicono le fonti investigative.
LA FAMIGLIA: «ORA LA VERITA'». La famiglia Regeni chiede su Facebook
"verità" per Giulio Regenì. Irene, la sorella del ricercatore italiano
ucciso al Cairo, ha postato sul suo profilo una foto insieme a papà
Claudio e mamma Paola, dove espongono la bandiera gialla di Amnesty
International con la scritta "verità per Giulio Regeni".