giovedì 27 settembre 2012
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Non solo adozione: anche i figli della provetta rivendicano il diritto di conoscere le proprie origini. Quando si parla di fecondazione eterologa, in cui uno o entrambi i gameti (ovuli e spermatozoi) sono forniti alla coppia da donatori esterni, il vecchio adagio mater semper certa est rischia di non trovare più cittadinanza. Con la maternità surrogata, ad esempio, di madri si può arrivare ad averne almeno tre: quella legale, quella biologica e quella che porta in grembo il bambino.Se poi si fa ricorso anche a un donatore di sperma, le combinazioni genetiche moltiplicano i pezzi di un puzzle di difficile ricostruzione e non solo per il numero esponenziale di bambini concepiti da un solo donatore. Nel settembre dello scorso anno ha conquistato vasta eco mediatica la vicenda statunitense del sito "Donor sibling registry" che ha riunito 150 fratelli, figli di un unico uomo di cui si conosce solo il numero identificativo.Mentre il documentario Anonymous father’s day ha raccontato la "confusione genealogica" e il dolore degli adolescenti alle prese con l’incertezza delle proprie origini da "figli dell’eterologa". In Canada tiene banco il caso Olivia Pratten. La donna cerca invano da più di dieci anni il donatore numero 128: suo padre. Dalla sua battaglia è nata una proposta di legge che consenta ai figli concepiti in provetta gli stessi diritti degli adottati ad avere accesso all’identità dei genitori biologici.In Italia il Comitato Nazionale per la Bioetica si è espresso il 25 novembre 2011 con il Parere "Conoscere le proprie origini biologiche nella Procreazione Medicalmente Assistita eterologa". Nel documento il Cnb raccomanda che i genitori rivelino al figlio le modalità del suo concepimento «attraverso filtri e criteri appropriati» e raccomanda altresì che al nato «si riconosca sempre il diritto di accedere a quei registri dove sono conservati i dati genetici e la storia clinica dei datori di gameti, dato che trattasi di notizie a volte indispensabili per la sua salute».Il problema è che non sempre i "donatori" voglio essere rintracciati, anzi. Nei Paesi come l’Inghilterra, dove è stato abolito l’anonimato dei donatori, il numero delle donazioni è calato sensibilmente. Nessuno, un giorno, vuole trovarsi uno sconosciuto alla porta che dice di essere tuo figlio.
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