sabato 8 settembre 2012
Il corpo è stato avvistato da una motovedetta della Guardia Costiera: potrebbe essere uno dei 79 dispersi del naufragio avvenuto giovedì notte. La maggior parte delle 56 persone tratte in salvo aveva trovato rifugio su uno scoglio disabitato a 10 miglia dall'isola. Il sindaco Nicolini: «Mai abituarsi a questi drammi».
L'allarme sul cellulare: «Aiuto, stiamo affondando»
«Così mio fratello è sparito tra le onde»
COMMENTA E CONDIVIDI

Una motovedetta della Guardia Costiera ha avvistato al largo di Lampedusa un cadavere: potrebbe essere uno dei 79 dispersi del naufragio avvenuto giovedì notte nei pressi dell'isolotto di Lampione.ALLA RICERCA DEI DISPERSINon c’è onda. Quasi neppure increspature. Il mare è amico, una spianata d’acqua leggera. Gran bel giovedì, l’altro ieri. Fa caldo, anche la visibilità è magnifica. Sull’isola rimangono pochi turisti, la stagione delle vacanze sta chiudendo i battenti, non ancora quella dei disperati. La chiamata, da un cellulare, arriva alle 18 alla Capitaneria di porto palermitana: «Siamo su un barcone, siamo un centinaio, nei pressi di Lampedusa, veniamo dalla Tunisia, non ce la facciamo più, aiutateci, siamo in difficoltà, c’è acqua vicino al motore!». Un quarto d’ora dopo si alza in volo un elicottero della Guardia costiera e altre due motovedette sono già al largo.Un’ora, un’ora e mezza, due ore, niente. Escono in mare altre due lance dei Carabinieri, altre due della Guardia di Finanza e poco dopo danno una mano nelle ricerche anche tre navi della Nato. È sceso il buio e non aiuta, dai proiettori sulle plance si accendono strisciate di luce verso l’acqua, per scrutarla. Ma niente. Non c’è traccia di barconi e nemmeno di migranti. Strano. Sull’isola ormai si dorme.A notte fonda ecco un primo uomo: lo raccolgono dall’acqua, a dodici miglia da Lampedusa. Un secondo, un terzo, via via più lontani, poi, un quarto, un quinto. Molti indossano solamente gli slip, si sono liberati dei vestiti per riuscire a nuotare meglio. Ecco perché nelle prossime ore si incontreranno galleggiare qua e là alcuni effetti personali, ma non raccontano con certezza d’un naufragio.Intorno alle due le imbarcazioni della Guardia costiera navigano a un passo dalle coste di Lampione, isolotto che non è troppo più grande di uno scoglio (disabitato, lungo duecento metri e largo appena meno) e dista dieci miglia da Lampedusa. E che non ha attracchi, non ha banchine: avesse accolto superstiti, sarebbe un problema recuperarli. Ce ne sono. Tanti, almeno una quarantina. Fra loro una donna incinta, alcuni ragazzini. Banchine o meno non conta più, bisogna aiutarli. I militari impiegano un po’ e non è facile, ma riescono a farli salire tutti a bordo, donna incinta e ragazzini compresi. «Il nostro lavoro è, prima di tutto, salvare vite umane», spiega sottovoce un ufficiale che il suo lavoro lo svolge su queste acque da anni.Sembra mettersi bene. Sembra che, oltre al mare, anche la sorte sia stata amica di questa povera gente. Sembra e basta. Ecco un altro uomo, in mare. Morto. Vestito, deve nemmeno aver potuto provare a spogliarsi per nuotare meglio. Adesso si deve aggiungere una terza colonna ai conteggi, oltre quella di chi è stato salvato e di chi è disperso.I primi sopravvissuti sbarcano a Lampedusa quando sul mare s’affaccia l’alba. Alcuni sono impauriti, altri intirizziti, altri ancora storditi. Senza vestiti, indossano le coperte termiche argentate o dorate. Fra i cinquantasei c’è chi è conciato male e viene subito portato in ospedale, gli altri nell’ormai noto “Centro di soccorso e prima accoglienza” e, qui, subito ascoltato dagli investigatori. E ieri, stanotte, questa mattina le ricerche vanno avanti: «Non ci fermiamo. Finché c’è speranza di trovare ancora qualcuno in vita, continuiamo», assicura il tenente di Vascello Giuseppe Cannarile, che comanda la Capitaneria di Lampedusa.I naufraghi sono partiti due, tre giorni fa dalla Tunisia, ma i loro primi racconti non combaciano (ad esempio il porto dal quale hanno salpato), come pure i conteggi stessi sono da fare e prendere con le molle. Perché le certezze ieri a tarda sera erano appena due: appunto quella di un morto e quella sul numero degli esseri umani tratti in salvo, cinquantasei. I dispersi? Cinquanta, forse sessanta, forse un’ottantina, sempre stando alle versioni di coloro che erano sul barcone.Già, il barcone. Un motopeschereccio dal fasciame di legno, vecchio, lungo poco più d’una decina di metri. E del quale si continua a non trovare tracce. Allora ogni ipotesi resta in piedi. Quella del naufragio, ma anche quella assurda - per quanto non sarebbe una prima volta - di avere scaricato a mare gli esseri umani a largo di Lampione, perché tanto il “viaggio” l’avevano ormai pagato e perché davanti a un problema dell’imbarcazione, per gli scafisti meglio buttare via donne e uomini che perderla.La Procura di Agrigento ha già aperto un’inchiesta: «Stiamo cercando di capire se ci siano scafisti tra i sopravvissuti - fa sapere il capo degli uffici giudiziari, Renato Di Natale -. Al momento procediamo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma, visto che una vittima è già stata ritrovata, aggiungeremo al fascicolo anche l’ipotesi di omicidio». A proposito, gli inquirenti sono convinti che il barcone non sia affatto affondato, ma che sia stato soltanto un mezzo per trasportare i migranti fino alle acque di Lampione. Anche perché «nessuno ha rinvenuto pezzi del barcone che sarebbe affondato», aggiunge Di Natale.A Lampedusa la vita ieri è scorsa tranquilla. Eppure a raccontare il cuore della gente è il sindaco, Giusi Nicolini: «Siamo profondamente addolorati per le vittime della tragedia che si è consumata questa notte. Non dobbiamo mai abituarci a questi drammi, all’idea che ancora oggi attraversare il Mediterraneo in cerca di un lavoro e di una vita dignitosa diventi per migliaia di uomini e donne una roulette russa». Pino Ciociola

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: