venerdì 20 novembre 2015
Nuova campagna per difendere i valori e le finalità etiche della raccolta. I 4 mila contenitori abusivi e le raccolte di vestiti "porta a porta" sottraggono al circuito ufficiale 25mila tonnellate annue di abiti usati, il 25% del totale.
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La parola d’ordine è trasparenza. Per difendere i valori e le finalità che hanno portato la Caritas Ambrosiana e le cooperative di altre diocesi italiane a donare una vita lunga e generosa agli abiti scartati, creando lavoro e generando solidarietà con etica, ecologia e sostenibilità. Perché le raccolte di vestiti smessi oggi le fanno anche i negozi e gli immancabili 'furbetti del cassonetto' che aprono contenitori abusivi celando dietro le donazioni pratiche commerciali (legali, beninteso).  Senza contare che le burocrazie comunali - in mancanza di norme chiare - non aiutano. Così la rete Riuse della Caritas ha lanciato ieri la campagna '+ trasparente', pannello in plexiglass applicato ai cassonetti gialli con un QR code che consentirà ai cittadini, inquadrandolo con lo smartphone, di aumentare la consapevolezza accedendo in rete a tutti i contenuti del sito www.donavalore.it. annui per mancato smaltimento rifiuti. I margini di miglioramento sono ampi, se si tiene conto che la quota di raccolta è stimata a 5/6 kg a persona, mentre la media in Lombardia è di 1,9 kg per abitante. Ogni 80 nuovi cassonetti ci impegniamo ad assumere due persone». Cosa frena il settore? La sentenza con cui l’autorità garante della concorrenza ha sanzionato in settembre la municipalizzata romana Ama insieme ai consorzi coinvolti per pubblicità ingannevole riguardo alle finalità della raccolta la dice lunga. Secondo un’indagine realizzata dal Conau, Consorzio nazionale abiti e accessori usati, ci sarebbero 4mila cassonetti non autorizzati su tutto il territorio nazionale, che insieme alle raccolte 'porta a porta' sottraggono al circuito ufficiale 25mila tonnellate annue di abiti usati, il 25% del totale. Il Conau ora chiede trasparenza al governo con la definizione del decreto previsto dal testo unico ambientale che deve individuare i requisiti (appena rinnovato) che illustra in ogni passaggio la filiera solidale che inizia svuotando l’armadio. Oggi in Italia il settore raccoglie 110mila tonnellate annue di abiti (erano 72mila nel 2009). Le sei cooperative della Caritas Ambrosiana consorziate nelle rete Riuse - «un’eccellenza» per Confindustria e Camera di Commercio milanese - ne hanno raccolte 100mila in 17 anni di attività, quanto basta per riempire lo stadio di San Siro e il Duomo di Milano, destinando 2.100.000 euro al finanziamento di un centinaio di progetti e servizi sociali a favore di donne sole con minori, vittime di tratta, persone con disagio psichico, rifugiati. E si sono estese anche in altre diocesi, come Napoli. «Abbiamo creato lavoro vero e stabile per 51 persone – spiega Carmine Guanci, coordinatore della rete – di cui 41 ex disoccupati, soggetti deboli o svantaggiati. L’attività di recupero si è anche tradotta in un vantaggio per l’ambiente pari a 288mila tonnellate di emissioni in meno di anidride carbonica e in un risparmio per i 300 comuni coinvolti di 1.500.000 euro degli operatori della filiera e delle reti.
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