martedì 16 giugno 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Franco ha 18 anni, quando ne aveva tre gli è stata diagnosticata una grave forma di autismo. Una «malattia orribile», come la definisce mamma Sabrina, «che gli impedisce di parlare facendolo vivere in un mondo completamente suo nel quale non è facile introdursi». Oggi la vita di Sabrina Serafini e di suo figlio Franco deve fare i conti con un ulteriore ostacolo. Recentemente il comune di Teramo, dove risiede la famiglia, ha definito i nuovi criteri per l’accesso ai servizi socio-assistenziali e la compartecipazione alla spesa. Potrà continuare a usufruire gratuitamente dei servizi di assistenza solo chi dimostri di avere un reddito Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) inferiore ai 5mila euro. La famiglia Serafini supera, seppur di poco, quel tetto. E con un reddito Isee di circa 7mila euro si è vista recapitare la richiesta di 'compartecipare' alle spese per il servizio di assistenza domiciliare di Franco con una quota di 200 euro mensili. A fronte, peraltro, di una riduzione delle ore settimanali di erogazione del servizio che passano da 25 a 10. Una cifra insostenibile (2.400 euro l’anno) per una famiglia in cui solo il padre ha un impiego a tempo pieno, mamma Sabrina si dedica a tempo pieno all’assistenza del figlio mentre Alessandra, la sorella di Franco, alterna lavori saltuari all’assistenza del fratello. Non potendo far fronte a questa spesa, Sabrina ha dovuto firmare un documento di rinuncia a quelle ore di assistenza. «Chiedere una compartecipazione alla spesa è corretto – commenta Carlo Giacobini, di Fish (Federazione italiana superamento handicap) –. A nostro avviso, però, è scorretto non applicare l’Isee ristretto». La normativa nazionale sull’Isee - che è oggetto in questi mesi di numerose polemiche - ha riservato infatti un regime particolare ai beneficiari di prestazioni socio-sanitarie. Ovvero la possibilità per i maggiorenni di calcolare l’indicatore della situazione economica non più sulla famiglia anagrafica (comprensiva di genitori e fratelli), ma facendo riferimento a un nucleo 'ristretto' al coniuge e ai figli. «Tuttavia il Decreto legge non enfatizza a sufficienza quali siano i servizi inclusi nell’applicazione del-l’Isee ristretto», sottolinea Giacobini. In questa mancanza di chiarezza, i comuni procedono in ordine sparso nel definire quali prestazioni rientrino nell’ambito esclusivamente sociale e quali nell’ambito sociosanitario. Teramo, ad esempio, ha fatto rientrare l’assistenza domiciliare di cui Franco necessita nell’alveo dei servizi sociali e non in quello sociosanitario. Una decisione che ha messo la famiglia e quelle di tanti altri disabili nella condizione di rinunciare al servizio facendo gravare il peso dell’assistenza esclusivamente sulle spalle di madri, padri e fratelli. Il timore delle associazioni che tutelano i diritti delle persone con disabilità è che la poca chiarezza nella normativa nazionale possa provocare una serie di ricorsi ai tribunali da parte delle famiglie. Uno dei primi è quello presentato da Anffas Lombardia che ha chiesto al Tar di Milano di annullare la delibera di giunta in cui il comune ha stabilito di applicare l’Isee ordinario per quantificare la compartecipazione dell’utenza ai costi dei Centri socio educativi. «L’obiettivo è difendere le famiglie, per questo abbiamo aperto un tavolo di concertazione con Regione Lombardia – spiega il presidente di Anffas Lombardia, Emilio Rota –. Chiediamo che i regolamenti comunali siano coerenti con il principio basilare che regola la legge».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: