sabato 24 agosto 2013
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Se c’è stato un momento in cui si avvertita con più nettezza la necessità di avere un governo “politico”, dal programma stringato e forte e dalla base ampia, è proprio questo. Anche nel Vecchio Continente l’economia sembra avviata verso una moderata ripresa, e per non rimanere troppo indietro l’Italia deve adottare misure – non solo, ma soprattutto fiscali – che stimolino la crescita senza scassare i conti pubblici. Sul piano sociale ci vorrà tempo, perché la ripresa economica si traduca in occupazione stabile, il che significa che in questa fase di sofferenza sono più che mai necessarie particolari cautele e quei sostegni alle persone e alle famiglie che sono stati troppo a lungo rinviati. Il quadro internazionale e soprattutto mediterraneo è in ebollizione, con conseguenze anche sui flussi migratori e sulla sicurezza degli approvvigionamenti energetici, ambedue temi cruciali per l’Italia a causa della sua collocazione geografica e della sua dipendenza energetica. Ma si potrebbe andare avanti nell’elencare emergenze e problemi urgenti, ai quali va aggiunta, non certo per ultima, la tendenziale paralisi del sistema politico e decisionale determinata dall’assenza o dal terribile ritardo di riforme istituzionali, elettorali e di ridefinizione dell’equilibrio tra i poteri dello Stato e delle Autonomie locali.In questa situazione, però, pare che leader e settori importanti dei due maggiori partiti – Pd e Pdl – si preoccupino soprattutto di addossare ad altri al responsabilità di una crisi di governo considerata quasi come una inevitabile catastrofe naturale. Naturalmente, come dice l’antico adagio, “tra i due litiganti il terzo gode”. Il terzo in questo caso è Beppe Grillo, che aspetta con soddisfazione il crollo dell’attuale, straordinario e potenzialmente utilissimo quadro di governo e la corsa verso elezioni anticipate, che auspica si svolgano ancora con il mai troppo criticato sistema elettorale. Grillo sembra convinto che quelle regole stavolta conferirebbero ai suoi la maggioranza assoluta alla Camera. Non è affatto detto che questo pronostico si realizzi, ma se anche fosse un altro il partito di maggioranza relativa (che diventerebbe assoluta nei seggi di un solo ramo del Parlamento) si riproporrebbe la situazione che ha portato pochi mesi fa il presidente Giorgio Napolitano a promuovere un governo di larghe intese.Insomma, crisi e voto servirebbero solo per tornare alla situazione di partenza, ma con un clima intossicato da nuove accresciute tensioni e incomprensioni reciproche. Per di più si perderebbero mesi in una campagna elettorale probabilmente selvaggia, della quale rischierebbero di avvantaggiarsi le posizioni demagogiche e sfasciste. Discutere, ora, quale dei due maggiori partiti avrebbe maggiore responsabilità se si realizzasse lo sfascio incombente è comprensibile, ma è quanto meno prematuro: al momento, sarebbe meglio concentrare l’attenzione di chi mantiene un sufficiente senso della responsabilità verso il Paese nella ricerca di una via d’uscita, che senza ferire la dignità di nessuno permetta di proseguire per il tempo necessario l’opera di servizio cui è chiamato il governo Letta.Altrimenti, se l’esperimento fallirà perché ciascuno ha rifiutato caparbiamente non di accettare ma anche solo di discutere le ragioni dell’altro, i danni subiti dagli italiani li indurranno a giudicare senza indulgenza i comportamenti politici di chi ha fatto prevalere un presunto interesse di partito e persino personale su quello generale. Sarà più difficile per tutti denunciare la demagogia senza sbocchi di altri, quando non si è stati in grado di fornire in concreto il servizio politico richiesto dal Paese e chiaramente indicato dal capo dello Stato. Rendere realistiche le fanfaronate dei signori dell’antipolitica con i propri errori sarebbe un capolavoro di insipienza da parte di un ceto politico sperimentato, ma che sembra aver di nuovo perso in queste roventi settimane la capacità di visione e di previsione, offuscate da una volontà di prevalere sull’alleato ridiventato avversario che non trova più la strada del realismo e perde il senso delle proporzioni. Ma stavolta ciò che farà male al Paese, farà doppiamente male a chi l’avrà provocato.
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