sabato 24 settembre 2016
Capire i miracoli per vedere la santità
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Diceva la buonanima di Gilbert Keith Chesterton che «la cosa più incredibile dei miracoli è che accadono». Sì. E sono anche "Gratia gratis data". Non potrebbero perciò non riguardare la Chiesa e la sua edificazione. Non fosse altro perché tutta la Rivelazione manifesta che i miracoli sono opera di Dio a favore dell'uomo e della sua salvezza e che con questi Cristo stesso ha annunciato il Regno di Dio, ha anticipato le realtà ultime del mondo redento, reso trasparente la sua identità e credibile la sua missione, tanto che alla fine ha dovuto pure dirlo esplicito: «Anche se non volete credere a me, credete alle opere». Senza i miracoli di Cristo, senza i corpi sanati, liberati, purificati, probabilmente non avremmo capito che Cristo veniva a trasformare e santificare l'uomo tutto intero. E se sono un dono gratuito di Dio, un segno certissimo della Rivelazione, destinato a glorificare Dio, a suscitare e rafforzare la nostra fede, da qui a comprendere perché siano necessari anche in una causa di canonizzazione il passo è breve. Miracolo e santità sono le due facce del medesimo mistero di salvezza. In una causa di canonizzazione diventano perciò dirimenti per una conferma della santità della persona invocata. Dichiarare la santità di una persona non è infatti come assegnare un titolo onorifico. Anche se uno è in cielo può darsi che non sia degno, come sembra, di un culto pubblico. Si può arrivare con le prove testamentali e documentali al raggiungimento della certezza morale e alla formulazione del giudizio di merito sulle sue virtù o sul martirio, ma per quanto tutto questo lavoro sia fondato può rimanere soggetto a possibile errore. I miracoli invece solo Dio può compierli, e Dio non inganna. In una causa rappresentano pertanto una sanzione divina a un giudizio umano, e senza l'approvazione di miracoli accaduti per intercessione di un servo di Dio o di un beato non si può portare a conclusione una causa. Ed è anche per questo che solo i presunti miracoli attribuiti all'intercessione di un servo di Dio o di un beato post-mortem possono essere oggetto di verifica. Una verifica che è un vero e proprio processo, condotto separatamente da quello sulle virtù o sul martirio e che può essere concluso solo dopo la proclamazione delle virtù per consentire la beatificazione di un confessore o per la canonizzazione anche di un martire. È il loro riconoscimento che consente di dare con sicurezza la concessione del culto. Così a partire dai primi secoli si sono stabilite le regole e si sono affinate le procedure d'indagine sui miracoli prima di procedere a una canonizzazione. Dal XIII secolo in poi ha acquistato importanza l'aspetto medico-legale, e dalla creazione della Consulta medica nel 1948, come organismo specifico di valutazione scientifica, fino a oggi, l'esame è duplice: medico-scientifico e teologico, ed è regolato secondo la Costituzione apostolica del 1983. L'esame e la discussione medica finale si concludono stabilendo la diagnosi della malattia, la prognosi, la terapia e la sua soluzione. Gli specialisti che ne prendono parte variano a seconda dei casi clinici. E non è esclusa la richiesta di consulenze o convocazioni di altri periti anche dall'estero. Il loro giudizio è prettamente scientifico, non si pronunciano sul miracolo, dunque se sono atei o di altre religioni non è rilevante. Uno dei periti del fatto prodigioso attribuito a Edith Stein, ad esempio, fu un noto medico di Boston di religione ebraica. Ma ci sono anche non poche perizie e relazioni redatte da medici musulmani e di altre confessioni. La guarigione deve essere giudicata dagli specialisti come rapida, completa, duratura e inspiegabile secondo le attuali cognizioni medico-scientifiche, per essere poi ritenuta oggetto di un possibile miracolo da parte dei teologi. Nella "Summa theologica" san Tommaso definisce miracolo «ciò che è fatto da Dio fuori dell'ordine della natura». Si considera quindi miracolo un fatto che supera le forze della natura creata, operato per intercessione di un servo di Dio o di un beato. Il miracolo può superare le capacità della natura quanto alla sostanza del fatto, al soggetto o solo al modo di prodursi. Si distinguono quindi tre gradi di miracoli, secondo la definizione e la classificazione stabilita da san Tommaso. Il che significa che appartiene al primo grado la risurrezione dai morti o la "restitutio ad integrum", dove non solo si riscontra la completa guarigione ma anche la restituzione integrale degli organi distrutti dalla malattia. La maggior parte dei fatti presentati ed esaminati dalla Congregazione delle cause dei santi appartengono al terzo grado, "quoad modum", quando cioè la guarigione di una malattia, che la medicina avrebbe potuto conseguire solo dopo un lungo periodo, avviene istantaneamente. Insomma, i santi sono fatti per i miracoli, e questi non certo da ieri sono oggetto di rilevanza in una causa e oggetto di stretta osservanza e rigorose regole e procedure giuridiche di accertamento sempre più sofisticate. Quando si parla di miracoli perciò è doveroso mettere i puntini sulle "i".
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