martedì 25 agosto 2015
​Dietro il ritorno del giocatore al Milan tante perplessità. E l'ennesima supponente operazione salvifica di un ragazzo che non ha mai voluto cambiare.
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​È un giocatore per cui si stappa lo champagne quando arriva, e anche quando parte. La perfetta didascalia creata per Mario Balotelli non è inedita ma calza sempre a pennello per un ragazzo che più che calciatore ha scelto (più o meno volontariamente) di essere personaggio, trovando in questo il suo primo, invalicabile limite.
L’eterno incompiuto ora riapproda al Milan: una marcia indietro in parte intrigante - finalmente un italiano di ritorno in un campionato povero che parla solo lingue diverse - ma comunque farsesco, un brodino acido riscaldato appena un anno dopo averlo felicemente versato nel piatto del Liverpool. Con tanto di festeggiamenti presidenziali per l’addio (indimenticabile il berlusconiano «Balotelli mela marcia») che ora, alla faccia della coerenza, diventa un imbarazzante riaccoglimento del figliolo tutt’altro che prodigo.
Ma se motivi elettorali e di immagine furono probabilmente alla base dell’ingaggio a gennaio 2013, sfuggono le ragioni attuali dell’operazione. A stento corroborate dalla formula (prestito più o meno gratuito) e dalle modalità (stipendio pagato solo per metà dal Milan). Toccherà al campo dire se nell’indisponente Balotelli, eterna promessa eletto fuoriclasse da un sistema mediatico che ha smarrito il senso delle proporzioni, il talento riuscirà finalmente a prevalere sul suo cronico bisogno di trasgessività.
Quella che invece sarebbe senz’altro bello evitare è la già avviata operazione salvifica che ogni volta ammanta i trasferimenti del giovane Balo. Eccessivo sempre, in campo e fuori, giocatore di tutti diventato giocatore di nessuno, Mario continua a essere considerato un oggetto di recupero, affidato alle cure miracolose dell’allenatore di turno che ha necessariamente l’obbligo morale di riportarlo alla retta via. Missione meritoria e obbligatoria di fronte ad un povero ragazzo traviato dalla droga, dall’alcol o dalle storture della vita, ma impegno un tantino fuori luogo nel caso di un indisciplinato endemico di 25 anni che guadagna 6 milioni di euro a stagione e che se ha perso per strada l’occasione di diventare adulto, lo ha fatto per scelta volontaria, ripetuta e precisa.
«Questa volta Balotelli non può sbagliare», si è già letto e sentito. Perchè chiunque ha diritto a una seconda possibilità, certo. Un po’ meno però se l’occasione è la quinta. Inter, Manchester City, Milan, Liverpool, ancora Milan: l’illusione di voler cambiare gli altri è spesso un’ambizione supponente e pericolosa. Che diventa stucchevole quando manca l’impegno di chi di cambiare non ha probabilmente intenzione alcuna. Balotelli era un ottimo calciatore senza carattere, probabilmente lo è ancora e continuerà ad esserlo. Di tutto il resto in un calcio che purtroppo consente ogni cosa o quasi, lui dovrà ancora una volta, se vuole, rispondere solo e soltanto alla sua coscienza.
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