venerdì 27 settembre 2013
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La reazione di Giorgio Napolitano all’annuncio delle dimissioni dei parlamentari del Popolo della libertà in caso di votazioni che sanciscano la decadenza di Silvio Berlusconi dal seggio senatoriale è stata improntata alla cautela, pur nella ferma rivendicazione dei caposaldi del sistema istituzionale. Mentre invita a rinunciare ad atti che ledano la funzionalità del Parlamento, il capo dello Stato, considera legittima la volontà di quei parlamentari di «esprimere la loro vicinanza politica e umana al presidente del Pdl», purché venga espressa in altre forme.Com’è noto, sul piano tecnico-giuridico la tesi del Pdl è che sia illecita e incostituzionale l’applicazione, ritenuta retroattiva, della legge sulla decadenza dal Parlamento e l’ineleggibilità dei condannati per certi specifici reati, compresa la frode fiscale di cui è stato riconosciuto colpevole Berlusconi. Il rifiuto della maggioranza della Giunta senatoriale di sottoporre il quesito alla Consulta viene quindi interpretato come atto di aperta ostilità e discriminazione, mentre qualcuno arriva addirittura a definirlo «eversivo». Al di là dell’esasperazione dei toni e dell’uso di formule enfatiche e oggettivamente inquietanti come quella del «colpo di Stato», esplicitamente censurata anche dal Quirinale, esiste una preoccupazione reale e diffusa, un timore che dopo la caduta delle peraltro fragili barriere delle residue immunità parlamentari, su Berlusconi si abbattano richieste di arresto da parte di una o più procure. Questa ipotesi (che, in tempi non sospetti e senza alcuna connessione a specifiche campagna politiche, era già stata evocata su questo giornale) teoricamente dovrebbe essere esclusa dai requisiti richiesti per la privazione preventiva della libertà di un inquisito.Scontando la pena agli arresti domiciliari o nei servizi sociali, Berlusconi non sarebbe in condizione di perpetuare alcun reato di cui fosse accusato, di manomettere prove o di tentare la fuga, che sono le uniche ragioni che possono giustificare l’arresto. Ma questa norma garantista è stata aggirata in varie occasioni, il che muove i timori che rendono così teso il clima e così acceso il linguaggio del centrodestra.D’altra parte l’espressione così estrema della "solidarietà" a Berlusconi si accompagna all’intenzione da lui stesso ribadita di voler tenere fuori dallo scontro la sorte del governo di Enrico Letta. È difficile persino immaginare in che modo queste due posizioni possano essere sostenute parallelamente senza annullarsi reciprocamente, ma è proprio su questo spazio assai precario che si sviluppa l’iniziativa di Napolitano. Il governo Letta non è per nessuno dei suoi protagonisti il più desiderabile, ma è l’unico davvero possibile e utile nella situazione parlamentare determinata dall’elettorato e dall’attuale legge elettorale. Se la situazione non fosse questa, nessuno si sognerebbe di provare a tenerlo al riparo da uno scontro così frontale tra i partiti che ne fanno parte. Napolitano ha sempre fatto del principio di realtà un vincolo fondamentale per un’azione politica che potesse essere efficace e non puramente declamatoria e propagandistica. Se insiste, anche in un situazione che a prima vista appare disperata, a battersi anche in prima persona per una scelta di stabilità, è perché è convinto che esistono margini reali per vincere questa difficile battaglia.Naturalmente perché tali esigui margini diventino uno spazio su cui si possa costruire una prospettiva è necessario uno sforzo da parte di tutti. Serve che Berlusconi, una volta ricevuta la solidarietà dei parlamentari del Pdl, li inviti a restare al proprio posto per continuare un’azione politica che non mai ha rinunciato a essere "lotta". Serve anche che nel Pd si rinunci alla tentazione di provocare una crisi al buio per "sistemare" una confusa e tesa partita congressuale. E, infine, serve che una certa parte della magistratura eviti di arroventare il clima con iniziative dirompenti e non necessarie. Che si radunino tutte queste condizioni non è facile e forse nemmeno probabile, ma tutti sanno che dal Quirinale viene uno stimolo costruttivo che rappresenta un esempio e una garanzia di equilibrio. L’unica via per evitare nuove catastrofiche avventure.
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