domenica 1 marzo 2015
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Caro direttore,  la messa in onda su Rai3 di 'Gomorra - La Serie' offre occasioni per riflettere su argomenti che meritano di essere approfonditi. In particolare la fiction, rispetto al film 'Gomorra', si tinge di religioso. Non c’è ingresso degli appartamenti dei camorristi che non abbia statuine, quadri della Madonna, del Sacro Cuore o di padre Pio. Addirittura vediamo più volte Salvatore Conte, boss rivale dei Savastano, pregare con grande devozione. Ricorda quasi Pietro Aglieri, uno dei boss più terribili della mafia siciliana, con spiccato interesse al sacro. Ma che senso ha questo continuo inquadrare le immagini religiose che tutti i personaggi criminali hanno nelle loro case? E perché disegnare la figura di donna Imma, moglie del boss Pietro Savastano, come molto più preoccupata di sostituire – con tanto di apparato religioso: sacerdote, processione e canti – una statua della Madonna, 'mozzata' da un tossico durante lo spaccio della droga, che non della morte di esseri umani? È certo giusto chiedersi come sia possibile che da una parte il Vangelo parli di misericordia, mitezza, amore, anche verso i nemici, e dall’altra parte i criminali organizzati vivano in completa antitesi a ciò pur rifacendosi formalmente a fede e iconografia cristiana. Ed è giusto farsi interrogare dal ritrovamento nel bunker del capo dei casalesi, Sandokan, di un quadro del Sacro Cuore e dal fatto che in alcune processioni la statua della Madonna sia stata fatta inchinare davanti l’abitazione di un qualche boss. È forse perché una certa pastorale non ha saputo declinare in maniera corretta il magistero ecclesiale o forse è vero che sussiste una qualche contiguità tra una parte della vita ecclesiale e il mondo criminale? Diciamo subito che l’attenzione stereotipata della fiction alle immagini religiose non è lontana dalla realtà. Scampia – come Ponticelli e altri quartieri di Napoli – è infatti piena di raffigurazioni sacre, soprattutto all’entrata delle abitazioni. Ma le cose stanno proprio così come la fiction descrive? Sono sacerdote gesuita a Scampia, e posso testimoniare qualcosa sulla religiosità delle persone di questo quartiere. Innanzitutto, non si può affermare la religiosità dei camorristi a partire dalle molte immagini sacre presenti a Scampia e Ponticelli. Ciò è possibile solo se si considerano tutte le persone di quei quartieri come criminali. Ma Scampia non è un 'quartiere camorrista', è un 'quartiere occupato dalla camorra' (la configurazione urbana favorisce un’occupazione criminale che ha reso quest’area teatro dello spaccio della droga e delle armi). Le persone che vivono nelle zone più degradate del quartiere sono, insomma, costrette a subire la logica criminale. Qui non si avverte un 'respiro' mafioso. Qui c’è un mercato illegale all’ingrosso, non il cuore pulsante di una mentalità criminale. La maggior parte delle persone di Scampia non vogliono la camorra. E infatti, adesso che la presenza criminale è diminuita significativamente, grazie all’azione delle forze dell’ordine, non ci sono certo lamentele da parte della gente... Voglio dire che la religiosità comune ai fedeli non è la religiosità dei camorristi. Quest’ultima è una fede strumentale, come strumentali sono le occasioni colte per utilizzare l’apparato religioso come 'semantica' capace di legittimare e trasmettere l’autorità di boss e di un clan. Per la logica criminale le leggi di Dio sono dentro le 'regole d’onore'. Alla camorra occorre un rimando 'eterno', per affermarsi come organizzazione solida, da cui nessuno può scappare, secondo una concezione fatalista della realtà. In questo senso, una mancanza della fiction è il non aver mai messo il famoso 'cornetto' napoletano assieme alle immagini sacre, rappresentando così più realisticamente la religiosità dei camorristi. Solo nelle realtà ecclesiali che non chiedono un cambiamento di vita possono annidarsi le logiche criminali. È possibile che comitati per feste patronali e confraternite diventino ricettacolo di persone senza scrupoli.  Proprio per evitare certe contiguità il cardinale Sepe, arcivescovo di Napoli, ha scelto di depotenziare la forza di queste organizzazioni. Ma ci sono altre organizzazioni, anche a Scampia. Ed è bene far notare come questo quartiere abbia una concentrazione di associazioni, comitati ed enti non profit molto alta. Oltre cinquanta. Segno di una vitalità che fa sperare in un riscatto sociale. *Padre gesuita, rettore della chiesa S. Maria della Speranza a Scampia
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