martedì 15 aprile 2014
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​Dev’essere sembrata una grande idea. Prendere la poesia che Primo Levi pone in apertura di Se questo è un uomo, cambiare le parole, riadattare le strofe, conservare – più che altro – le invettive. Da indirizzare, questa volta, alla solita casta dei politici corrotti e conniventi, al presidente della Repubblica, a chiunque non la pensi come l’autore della riscrittura.Beppe Grillo, certo: chi altri? Dal suo punto di vista, la trovata è ineccepibile. Esaspera la situazione, colpisce emotivamente, istituisce un parallelismo immediato tra la situazione in Italia oggi e la persecuzione degli ebrei nell’Europa di ieri. Dal punto di vista di Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche, quella apparsa ieri sul sito di Grillo è «un’oscenità sulla quale non è possibile tacere». Giudizio sottoscritto da molti dei politici poi intervenuti in giornata. A turbare, oltre alla parafrasi di quei versi magnifici e terribili, è l’immagine che li accompagna, e cioè l’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz, sul quale troneggia la famigerata scritta Arbeit macht frei, a sua volta storpiata in P2 macth frei. Adesso, insomma, sarebbe la loggia segreta che finge di donare la libertà, non il lavoro...I casi sono due. O Grillo sta soltanto alzando la posta con un colpo a effetto, già confezionato con il relativo corredo di polemiche, oppure – e questo sarebbe ancora più grave – crede veramente che la condizione di un cittadino italiano del 2014 sia paragonabile a quella di un ebreo del 1944 in Germania e nelle terre occupate dai nazisti. Nessuna differenza, perché le differenze sono una seccatura del passato, che una visione colpevolemente distorta del web permette di eliminare a colpi di clic. E nessun rispetto per le sofferenze, nessuna percezione di quel fondo di sacro che, nonostante tutto, permaneva nei versi di Levi.La lingua di quella poesia («Considerate se questo è un uomo...») viene dalla Bibbia, come aveva giustamente osservato Cesare Segre. Avvilirla in uno slogan non fa onore a nessuno. Anche se qualcuno, magari, pensa che possa tornargli comodo.
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